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Obiettivo rifiuti zero

Prolungando nel futuro l’andamento crescente della quantità dei rifiuti prodotti, come è lecito nell’assenza attuale di iniziative concrete per la riduzione, le proiezioni indicano che nel 2010 ci troveremo con una produzione di RSU pari a circa 32.800.000 tonnellelate.
In questa ipotesi, per centrare l’obiettivo del trattamento termico del 50-70% dei rifiuti urbani, nel 2005 si dovrebbero inviare in impianti termici fra le 15 e le 21 milioni di tonnellate di rifiuto ed a discariche speciali circa 10 milioni di tonnellate di scorie solide costituite da ceneri, carboni attivi, fanghi ed inerti contaminati. Ciò corrisponderebbe ad utilizzare una capacità di incenerimento pari a quella di circa 300-400 inceneritori di media taglia.
Dati alla mano, sia in termini di riduzione delle emissioni di CO2 per miliardo di contributo, sia di contributo per MW installato, i rifiuti non rappresentano comunque un buon investimento.

Andrea Masullo sottolinea come nell’attuale normativa “il combustibile da rifiuto (CDR) non è più considerato un rifiuto ma addirittura un combustibile nobilitato al rango di fonte rinnovabile di energia. Ciò consente di bruciarlo ovunque, in impianti privati, in deroga ai piani di smaltimento, senza necessità di valutazione di impatto ambientale, autorizzata direttamente dal Ministero dell’Industria; il fatto che l’energia prodotta costi anche quattro volte di più, rispetto alla media, non costituisce un vincolo in quanto esso viene coperto dalle sovvenzioni previste per le fonti rinnovabili (CIP6). I cittadini si trovano dunque a pagare due volte per lo smaltimento degli stessi rifiuti, una prima volta con la tassa di smaltimento, una seconda con gli aggravi sulla bolletta elettrica necessari a compensare i costi elevati dell’energia prodotta dal CDR”
.
Una capacità di inceneritori eccessiva può divenire inoltre una barriera nei confronti degli sforzi di riduzione e riciclaggio, come già successo in altri paesi europei. Sono inaccettabili tutte le agevolazioni, le esenzioni e le scappatoie previste dalla legge per favorire l’utilizzo dei rifiuti in impianti termici industriali. L’incenerimento dei rifiuti deve rispettare gli stessi standard, ottemperare agli stessi obblighi ed essere soggetto agli stessi controlli dovunque esso avvenga.
L’incenerimento dei rifiuti non può essere considerato un mezzo per il conseguimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto. I rifiuti non sono una fonte rinnovabile di energia e la loro combustione non abbassa le emissioni totali di CO2.

Il WWF ritiene che debba essere incentivato il ricorso all’utilizzo di nuovi materiali biodegradabili di origine biologica in sostituzione dei materiali derivati dal petrolio. La scienza dei materiali sta aprendo interessanti prospettive, attraverso lo sviluppo di nuove tecniche di produzione di film e fibre artificiali a partire da molecole non fossili, rendendo in tal modo rinnovabili e biodegradabili questi materiali. La lignina, gli amidi, il glucosio, polisaccaridi estratti da alghe, microorganismi da prodotti agricoli di scarto o appositamente coltivati, sono i mattoni di questi bio-materiali per un futuro che ha già trovato applicazioni industriali.

Per affrontare il problema dei rifiuti che possa prescindere dai seguenti passi:
1. ridurre l’intensità di materiali nel sistema economico: dematerializzazione dell’economia;

2. ridurre l’uso di prodotti chimici pericolosi;

3. far sì che le apparecchiature di uso comune siano facilmente smontabili, progettate secondo logiche di modularità e intercambiabilità di parti aventi specifiche funzioni, comuni ad apparati diversi;

4. favorire la produzione e l’utilizzo di beni duraturi, riparabili e fatti di materiali riutilizzabili;

5. avversare la produzione e il consumo di beni usa e getta;

6. ridurre drasticamente gli imballaggi;

7. standardizzare gli imballaggi, nella forma e nei materiali, per favorire il loro riutilizzo come oggetti integri e solo in seconda istanza il riciclaggio dei materiali di cui sono fatti;

8. Sostituire i materiali non biodegradabili con nuovi materiali biodegradabili di origine naturale.

Dopo aver fatto tutto il possibile per ridurre la produzione dei rifiuti alla fonte, gli oggetti, dopo un tempo di durata prolungato e diversi cicli di riparazione e riutilizzo, devono essere riutilizzati nei processi produttivi come materiali, attraverso la raccolta differenziata seguita dal riciclaggio.

Se si realizzasse quanto qui detto ci accorgeremmo che l’obiettivo rifiuti zero non è un’utopia: la natura lo ha già realizzato da sempre.

Published in Vivi meglio