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Amici su Facebook, l’arte della rimozione

Ieri leggevo, grazie a Instapaper sul mio Kindle, un articolo di FT Magazine sull’arte di rimuovere gli amici su Facebook. Posso dire di esserci passato anch’io, avendo rimosso negli ultimi due/tre mesi 2700 amici.

L’articolo è un pretesto per riflettere sul concetto di amicizia. Se l’amicizia è in realtà una conoscenza molto superficiale o un rapporto personale sbiadito nel tempo, ci si può offendere se si viene rimossi da un altro *amico* su Facebook? Secondo me no, perché non è amicizia nel senso compiuto del termine.

Ad ogni modo, è possibile cambiare policy nel tempo – per un certo periodo ho voluto accettare chiunque, considerando i miei aggiornamenti nella maggior parte dei casi già condivisi altrove pubblicamente, poi ho cambiato idea – anche grazie a nuovi strumenti che Facebook mette a disposizione.

Oggi si può seguire un utente su Facebook, per i suoi aggiornamenti pubblici, pur non essendo suo amico. Chi vuole, tra i 2700 ex amici, può comunque mantenere un rapporto, se lo vorrà, grazie a questa funzione.

Dell’articolo di Robert Shrimsley, apprezzo in particolare l’ultima parte:

Once you are done, why not complete the last part of the exercise. Go through the remaining list looking for good friends you haven’t seen for a while, then call them up and invite them to lunch. That’s what friends do.

Published in Lavora meglio Web & Tech

2 Comments

  1. Concordo, uso la stessa policy, specialmente dopo l’introduzione degli “aggiornamenti”.

  2. G G G G

    Il tuo post mi piace moltissimo, ed anche la citazione finale.

    Vorrei aggiungere una riflessione. Quello che mi ha sempre perplesso del social networking é l’utilizzo della parola *amico* per definire ciò che, il più delle volte, é una conoscenza.

    Sono cresciuto in un’epoca e in un humus culturale in cui “Amico” é (era?) un termine che evoca un concetto profondo e complesso, mentre nel social networking é un termine direi gergale che sta ad indicare un contatto, una voce in una lista di accesso, un utente da noi designato come più privilegiato rispetto ad altri a visualizzare determinate nostre info elettroniche e ad interagire con noi virtualmente. Le parole “privilegi” e “permessi” vengono direttamente dal mondo dei database, non certo da quello dei rapporti umani.
    Quello che definirei – mi si passi il termine – un “equivoco semantico” non sposti di una virgola quelle che sono le mie concezioni dei rapporti interpersonali per formazione ricevuta. Penso tuttavia alle nuove generazioni. Non ho ancora figli, ma ritengo non sia mai troppo presto per immaginare cosa dovrò spiegar loro quando, raggiunta l’età della comprensione, mi porranno una domanda del tipo “come mai sono chiamati amici anche se in realtà amici non sono per niente?”.

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