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2013, l’anno del paywall in Italia?

Aggiornamento 2017: neanche a dirlo, il paywall si è rivelato una bufala. Solo il Corriere della sera ne ha messo in piedi uno, molto poroso. Repubblica ha compito 20 anni e di muri non se ne sono ancora visti. Chiacchiere da pollaio, se qualcuno aveva qualche dubbio.

Webnews riprende le dichiarazioni di Carlo De Benedetti sul probabile lancio di un paywall su Repubblica.it nel corso del 2013. I dettagli non sono stati a quanto pare delineati, ma in sostanza il paywall sul modello New York Times dovrebbe prevedere un tetto massimo di articoli che ogni utente può leggere prima di vedersi innalzato un muro che cade solo in presenza di un abbonamento. Oggi su Repubblica buona parte degli articoli pubblicati sulla carta sono già disponibili soltanto con un abbonamento digitale, Repubblica+ (puoi avere due mesi gratis fino a fine anno). Repubblica.it è il giornale più letto in Italia, con quasi 2 milioni di utenti al giorno.

Cosa succederà? L’informazione online diventerà veramente a pagamento? L’operazione avrà successo? Dubito fortemente, per varie ragioni che vado a illustrare, ma certamente se l’operazione andrà in porto qualche equilibrio è destinato a cambiare, almeno parzialmente.

Il paywall con i buchi

Sono uno che legge tanta stampa internazionale e non sono abbonato a nulla. Ho provato diverse app per iPad di giornali internazionali, ma non mi sono abbonato a nulla. Perché? Perché il bello del web è il pluralismo delle fonti e non è proprio mia abitudine consultare una sola fonte e quindi giustificare la spesa di un abbonamento. Penso lo sia per molti.

Ad ogni modo, leggendo molto New York Times non sono mai arrivato al limite dei 10 articoli al mese gratuiti. Come mai? Il NYT ha una membrana permeabile. Se le letture vengono da Twitter, l’articolo non è entra nel conto totale. Hai superato il tetto? Cerchi il titolo di quella news su Twitter, clicchi e leggi. Wall Street Journal e Financial Times sono più rigidi, ma lo stesso gioco funziona se metti il titolo della news su Google e clicchi sul risultato corrispondente all’articolo: il muro cade e leggi tutto ciò che vuoi. Provare per credere.

Cosa farà Repubblica? Probabile cominci con un muretto molto permeabile, invitando i lettori forti e fortissimi ad aprire il borsellino, lasciando ai lettori occasionali e leggeri di continuare come niente fosse. Il modello è New York Times e non Times, che ha un paywall di ferro con l’effetto di aver perso il 90% del traffico, in cambio di centinaia di migliaia di abbonamenti. Repubblica non vuole rischiare di perdere il primo posto e si guarderà bene da alzare un muro che riduca troppo le visite e la pubblicità.

La santa alleanza dei grandi giornali

Indiscrezioni attendibili mi dicono che i direttori dei grandi giornali italiani (Repubblica, Corriere della Sera e La Stampa almeno, se non anche Il Sole 24 Ore e altri) da tempo si incontrano per muoversi in maniera coordinata sul fronte web, cercando di salvare la baracca, senza farsi troppo la guerra l’un l’altro. Già sul fronte RCS si vocifera di integrazione della distribuzione e della raccolta pubblicitaria tra La Stampa e Corriere della Sera, quindi tutto ha molto senso.

Rispetto al paywall, se apre Repubblica è facile seguano a ruota Corriere della Sera, La Stampa e forse Il Sole 24 Ore. Avrebbe senso. Non ci sarebbe la possibilità di *fuga* da un grande giornale verso gli altri, perché tutti avrebbero più o meno lo stesso muro. Meglio sarebbe ancora avere un muro comune e un abbonamento trasversale, ma so di sognare ad occhi aperti. In questo scenario si introduce su larga scala l’invito a pagare e chi percepisce il marchio dei grandi giornali come autorevole, prima o poi un pensierino sul pagare lo farà.

Opportunità oltre il muro

Se l’operazione paywall decolla, certo è che una parte di lettori forti cercherà altre vie per soddisfare la propria fame di news senza pagare. A vantaggio di chi? Certamente dei giornali che non adotteranno il paywall (Il Messaggero? Il Resto del Carlino?) e soprattutto dei superblog (Ilpost, Lettera43, Linkiesta). Nel caso di Repubblica è facile il travaso verso Huffington Post Italia, il cavallo di Troia del paywall, che sarà sempre gratis ovviamente.

Il fattore chiave sarà la permeabilità del muro. Meno permeabile sarà, più l’effetto di cambiamento di abitudine dei lettori forti sarà accelerato. Dubito che l’operazione parta presto e dubito che il muro sarà invalicabile, semmai si faccia. De Benedetti dice da anni che l’informazione online si paga, ma salvo le app per tablet e i siti mobile col filtro, non abbiamo ancora visto nulla di serio in questa direzione.

Mungere Google

Il paywall potrebbe essere ritardato se gli editori riusciranno a scucire dei soldi a Google per consentirgli di indicizzare gli articoli e aggregarli con testi di anteprima in Google News. La manovra a tenaglia vede Francia, Germania e Italia con fronte comune. In Francia Hollande ha minacciato di intervenire con tasse se Google non si accorda con gli editori. In Germania c’è addirittura una legge in discussione per mettere il copyright ai titoli di giornale (banalizzo, ma non è lontana dal vero) e in Italia si comincia a chiedere il conto a Google di tasse non pagate.

Certamente nel 2013 non staremo ad annoiarci, è sicuro.

Published in Media & Social media

2 Comments

  1. Con le dovutissime distinzioni è come se facebook ponderasse il famigerato pagamento.

    La capacità di permeare i paywall è propria dei power users che, mal che vada, troverebbero altri dieci alternative a Repubblica. Se già non ne hanno trovate: non solo da quando c’è, per esempio, il Post, non visito praticamente più un quotidiano, ma a volte lo leggo anche solo da reader. Ma anche non fossero dieci, basterebbe comunque che ne restasse anche solo uno gratuito, l’Huffington Post Italia come supponi, per rischiare che la strategia diventi addirittura controproducente, perdendo più in investimenti pubblicitari per il travaso degli utenti che guadagnando con gli abbonamenti.

    Non del tutto nel 2013, ma l’informazione non potrà che continuare ad essere trascinata verso un modello gratuito, anche se si dovrà trovare una minima soglia di profittabilità per poter pagare perlomeno i tecnici, degli editorialisti e gli inviati. Ma nemmeno questo modello durerà: già l’uragano Sandy ha dimostrato che oggi basterebbe quasi solo twitter per essere informati, molto più e molto più precisamente che qualunque articolo di quotidiano orizzontale.

    Perlomeno per quanto riguarda l’informazione quotidiana ed immediata. Per riviste e magazine verticali che richiedono (molta) specializzazione editoriale, il modello a pagamento potrebbe essere vincente.

  2. eh già…il 2013 sarà certamente un anno decisivo…con tante sorpresine…#waiting4etalia

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