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Capitalismo della sorveglianza, not in my name

Il primo effetto della lettura del grande The age of surveillance capitalism, prevedibile per come sono fatto, è il desiderio di smettere di usare qualsiasi servizio di Google e di Facebook, per cominciare, e trovare alternative a tutti gli altri servizi promossi da società che fanno leva sulla raccolta di dati personali degli utenti per fare soldi.

Il libro ha una prima parte molto dettagliata in cui illustra come è nato il capitalismo della sorveglianza, che fa leva sulla raccolta di dati degli utenti, oggi per vendere pubblicità, domani per prevederne e influenzarne il comportamento a fini commerciali e politici. Google è il soggetto che per primo si è fondato su questo principio guida, con tutte le derive antidemocratiche e non etiche che ormai conosciamo bene. Il libro le mette in fila e le analizza una per una, dando una prospettiva diversa a quanto successo negli ultimi 15-20 anni. Come se camminassi su un mosaico fatto di tessere di un metro quadro e capissi veramente qual è il disegno, solo guardando il mosaico dal cielo, a un’altezza di 1000 metri da terra.

Non voglio essere partecipe di questo disegno e non voglio che Google (e le altre società che si fondano sullo stesso modello, Facebook ma non solo) accumuli dati su di me, per influenzare il mio comportamento e la mia vita. Potrei usare verbi e modi molto più aggressivi, ma mi limito a quanto sopra.

Ho già sostituito Google con DuckDuckGo, Gmail con FastMail, Google Calendar con FastMail. Per pigrizia sono tornato a Google Maps, ma ci sono n alternative da implementare, volendo. Toglierò Google Analytics dai miei siti. Il mio prossimo telefono non avrà Android. Niente Google Assistant o Google Home. Ho già alternative a Google Drive ed emuli di Office. Niente Google Play. YouTube è sostituito da NewPipe, con grande gioia. Hangout è di prossima dismissione. Niente Google Foto. Niente Google Chrome. Niente hardware Google.

Limitare l’influenza di Google nella tua vita è possibile. Vale sempre il concetto di comodità. Gratis, non significa in questo caso che tu sei il prodotto, ma che tu produci dati che Google usa per mappare la realtà e influenzare, a vari livelli, il comportamento delle persone a scopo di lucro. Pensaci bene e ripensaci. Non è un bello scenario quello che ci attende.

Nel libro si fa un parallelismo azzeccato tra i conquistatori dell’America e le perline date agli indigeni. I conquistatori del cyberspazio sono Google & Co., noi siamo gli indigeni e le perline sono i servizi gratuiti e comodi. Ne vale la pena? Considerando la fine che hanno fatto gli indigeni, direi proprio di no.

The age of surveillance capitalism. Fatti un favore e leggilo.

Published in Formazione permanente