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L’economia digitale è alle porte

La qualità delle segnalazioni del mio network su del.icio.us – dove traccio i link salvati da un gruppo di sessanta utenti da me selezionati per temi e affinità – è così elevata che non ho assolutamente nessun bisogno di andare a cercare informazioni stimolanti (per il cervello) e rilevanti (professionalmente): sono loro che vengono da me. Il problema semmai è assorbirle e farne tesoro.

Questa premessa per dire che se sul blog sono povero di attività a volte, nel retrobottega la macchina di filtro gira al 100%. Ne puoi approfittare anche tu, creando il tuo network o sfruttando i network creati da altri utenti, compreso il mio, sia via web, sia via feed RSS. Uno strumento da affiancare al magma informativo che ci arriva dall’aggregatore di feed RSS e da altri canali social come Twitter. In questa fase del.icio.us sta diventando per me rilevante e, a vedere le persone nuove che traccio, credo lo stia diventando per molti altri. Non devo convincerti, dico solo provaci.

Un ultimo articolo preziosissimo trovato in questo modo è un editoriale di Paul Krugman sul New York Times. In soldoni Krugman si guarda indietro e si chiede come mai le promesse dell’economia digitale, lanciate con l’avvento di Internet di masse, non si siano ancora avverate, con gli effetti molto tangibili e fatti di atomi come la crisi del petrolio e delle materie prime alimentari. La realtà, secondo Krugman, è che ci stiamo piano piano arrivando.

Apripista è stata la musica, con le band costrette a generare altri ricavi con l’avvento del download degli mp3, e la prossima industria a venire colpita Krugman prevede sarà quella del libro. Quando? Molto presto, visto che il lettore di ebook di Amazon, Kindle, sta già avendo un impatto incredibile: il 6% delle vendite di libri su Amazon sono già digitali e il lettore è sul mercato solo da novembre 2007!

Se sui giornali italiani fosse presente qualche editorialista illuminato con la stessa visione di Krugman segnalamelo per favore, visto che le mie fonti su del.icio.us sono quasi al 100% di lingua inglese.

Sul libro elettronico non ho dubbi e ci sono vari segnali – ogni giorno che passa esce sulla stampa USA un nuovo pezzo che rafforza la tesi – che puntano nella stessa direzione. Non faccio altro che segnalarli ad Antonio Tombolini che rappresenta la persona più attenta a queste dinamiche in Italia. Non mi stupisce se Antonio, un paio di giorno dopo la mia segnalazione del BookCamp di Parigi ne abbia messo in piedi una edizione tutta italiana a Rimini l’11 luglio prossimo.

Per addetti ai lavori, curiosi o semplici lettori è una opportunità da cogliere. Non me la farei sfuggire.

LEGGI: Bit, bands and books. (se non hai un login per il NYT usa bugmenot)

Published in Media & Social media Varie

4 Comments

  1. Dici che è troppo all’antica il vecchio ‘aggiungi ai preferi’?
    un saluto

  2. Solo perchè sono stato chiamato in causa.
    Io pensavo solo a un brain-storming sulla futura economia del libro e sulle nuove filiere produttive e distributive innescate dalla rivoluzione digitale e dalle nuove generazioni di e-Book.
    Ma anche a un’occasione di incontro e di riflessione comune con i protagonisti del ‘modo storico” di produrre e soprattutto di distribuire libri, per aiutarli a mettere le mani in pasta nella catena di valore del libro basata sull’innovazione tecnologica e nelle nuove dinamiche di lettura.
    A voler essere ancora più ambizioso: pensavo (da anni) alla prima pietra di una “Costituente del Libro” che superari le antiche logiche corporative e para-sindacali delle attuali Associazioni di categoria e una dannosa concezione del DRM.
    Poi, Antonio Tombolini e MArco BArulli hanno ipotizzato il BookCamp e io ho fatto un tuffo di giovinezza…

  3. Questo post mi ha fatto venire in mente questo: e se questa cosiddetta economia digitale o rivoluzione economica dettata da computer e internet si applicasse su di un continente dove vivono e lavorano 800 milioni di persone, cioè l’Africa a qualche ora di volo da Milano, non è che staremmo tutti meglio? Magari troveremmo più profittevole investire in una nuova società del Burundi piuttosto che vendere pistole Beretta e simili !

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