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Social network in ambiente di lavoro: no ai divieti!

Recentemente ho visto con i miei occhi come sia frequente in azienda, anche in quelle dove il marketing e la comunicazione apprezzano e comprendono le potenzialità dei social media, imbattersi in filtri adottati per impedire ai dipendenti di usare YouTube, Facebook, Twitter e compagnia. Nelle più liberali il filtro è rimosso nella fascia dedicata alla pausa pranzo.

Tutto ciò è profondamente sbagliato, soprattutto in una azienda dove si investe nel posizionamento sul web e sul social web, con l’obiettivo di creare una reputazione per l’azienda, da spendere successivamente in nuovi contatti, nuovi clienti, nuovo business.

Come racconta bene il blog Aide-Memoire, nel quale mi sono imbattuto per caso:

Businesses need to manage staff on the quality and timeliness of their output, not upon time served in the office. And, just like email has become an essential business tool, we need to discover how to use social networks for business advantage.

Impedire ai dipendenti di usare i social network è un problema di management. Se non sono in grado di misurare la produttività dei miei dipendenti, filtrare Facebook non genera alcun beneficio, visto che se ho a che fare con nulla facenti, questi continueranno a non fare nulla giocando al solitario, telefonando agli amici, giocando al sudoku e via con tutti gli esempi facili da immaginare.

Un comportamente intelligente sarebbe invece quello di comunicare e implementare una policy per i social media, incoraggiandone l’uso in chiave business e per rilanciare le attivirtà dell’azienda cominciando proprio dai dipendenti attivi sul social web. Regole chiare, fiducia e controllo. Chi li usa, viene premiato, chi ne abusa, viene punito.

123Socialmedia raccoglie alcune policy messe in atto e pubblicate da grandi aziende, alle quali è possibile ispirarsi per la propria. C’è già la pappa pronta, si tratta solo di aprire la bocca e mangiare, sempre che abbiamo veramente fame.

Published in Media & Social media Varie

6 Comments

  1. Il concetto è chiaro e corretto, ma così come è facile intuire che il blocco dei sm in azIenda non porta a reali benifici, così purtroppo è altrettanto difficile riuscire ad attivare una policy aziendale valida e sopratutto a monitorare i comportamenti dei dipendenti. Bisognerebbe avere un team interno di ‘infiltrati’ con il compito di monitorare la rete quotidianamentei 🙂 con conseguenti costi elevatissimi per l’azienda..

  2. Assolutamente d’accordo.. per di più nel mio caso, gli stessi responsabili del gruppo non ne capivano nulla di social network, trovandosi quindi in ritardo rispetto alle grandi possibilità di contatto e informalizzazione dei rapporti anche lavorativi. Con buona pace di chi ritiene che un giornalista possa non essere informato di quanto gli succede intorno!

  3. ‘Se non sono in grado di misurare la produttività dei miei dipendenti’

    Qui secondo me tocchi il vero punto dolente. Per misurare la produttività, bisogna avere degli obiettivi chiari e dettagliati. Nella maggior parte delle aziende italiane l’unico obiettivo chiaro e accrescere il fatturato e i dettagli sono le righe delle fatture… Anche aziende che in teoria hanno l’MBO, finiscono spesso per assegnare gli obiettivi ed i premi a posteriori e a pioggia.

    Evitare quel che non si conosce, invece di cercare di comprendere. Proibire invece di prevenire. Trent’anni di studi e tentativi di applicazione delle learning organizations non sono approdati a nulla (e non credo sia un problema solo italiano…)

  4. La questione è interessante e l’impressione è che siamo ancora molto indietro.
    Qualcuno dei grandi gruppi sembra leggermente più illuminato, ma la situazione tra le piccole aziende è decisamente disastrosa come percentuale.
    Se solo decidessero di affidarsi a chi ha un po’ di esperienza…. (lasciando però poi piena libertà di azione!)

  5. Anch’io ho avuto molte esperienze di dipendenti (commessi di librerie o dipendenti di uffici pubblici) che invece di lavorare scrivevano dei loro disturbi intestinali su Facebook. Ma voglio credere che sono solo eccezioni. C’è chi usa i social network in maniera intelligente per potenziare e dare un senso alla propria attività sul web.

  6. filobus filobus

    mah, non voglio nè perorare la causa di ‘facebook a tutti i costi’ nè ‘i dipendenti sono schiavi e devono lavorare perchè così lo voglio io’, ma sono d’accordo sostanzialmente con te, quello che prevale è l’incapacità a comprendere (e magari sfruttare) i mezzi che si hanno a disposizione.
    per romasulweb: non capisco il tuo giudizio sui ‘disturbi intestinali’, il tuo giudizio sul come si utilizza la ‘propria attività sul web’ secondo me passa in secondo piano sul rapporto che il dipendente ha con il suo lavoro.. è lì che bisogna capire se si può fare di più e meglio: conta la produttività (quantitativa e qualitativa), ma questa non deriva sempre dalle frustate che dai sul gobbo del lavoratore! 😉 (non volevo prenderti troppo in giro, ma vedo tanti sul web che hanno questo atteggiamento un po’ pirla – e non sei te – di sfottò e superiorità un po’ frustrata)

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