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Per capire l’Italia non serve Sanremo

Periodicamente, Sanremo è solo un pretesto, leggo commenti in rete sul dovere quasi civico, di chi fa informazione o di chi ha un impegno pubblico, nel dover guardare programmi televisivi spazzatura, nel dover leggere la carta stampata popolare, per una ragione: comprendere la vera Italia, quella insondabile, quella che con i suoi comportamenti influenza il destino del paese, nell’urna, al supermercato e in ogni altro momento che determina chi siamo e come siamo percepiti nel mondo.

A questa visione del mondo ho sempre avuto una reazione di ribellione. Pur sensibile alle sorti dell’Italia – vivo in Italia, lavoro in Italia, amo L’Italia e se così non fosse avrei fatto scelte diverse – credo che una tesi come quella di cui sopra sia profondamente sbagliata e in parte causa di una profezia che sia autoavvera. Il perché?

Noi siamo ciò che consumiamo

Il detto su “siamo ciò che mangiamo” vale anche per la nostra dieta informativa. Nel lungo termine finiamo per diventare ciò che consumiamo tra letture, siti internet, giornali, programmi tv, radio, film e altro. Secondo la mia tesi, per capire dove va il paese e come ragiona, è sufficiente analizzare alcuni dati relativi al consumo di media in Italia.

Quanto leggiamo e quali i libri più letti in Italia? Quanto andiamo al cinema e quali film sono campioni d’incasso, soprattutto tra quelli made in Italy?. Quanto tempo passiamo davanti alla tv e cosa vediamo in massa? Quanto tempo leggiamo giornali e riviste e quali sono le più vendute? Quante pagine dedicano i giornali agli altri media (tv, cinema, stampa, internet, spettacolo dal vivo)? Quale il livello dell’informazione e dell’intrattenimento televisivo/radiofonico? Quanto spendono gli Italiani per spettacoli dal vivo e con quale frequenza vanno a teatro, visitano musei e mostre, partecipano ad un evento sportivo o musicale?

Dall’analisi di questi dati emerge un paese che ha consumi culturali (tempo dedicato e risorse impegnate) fortemente sbilanciati sulla tv (gratuita in gran parte). Il dominio della tv si estende agli altri consumi culturali: gli autori che vendono di più in libreria vengono dalla tv, i cantanti italiani emergenti vengono da talent show, al cinema hanno successo personaggi di successo resi noti dalla tv, sui giornali discussioni e analisi di programmi tv occupano pagine e pagine (prendi qualsiasi giornale in Europa e negli USA e ti rendi conti dell’eccesso italiano), a teatro hanno più successo attori che sono apparsi in programmi tv di grande ascolto.

E’ quindi necessario per capire l’Italia rafforzare questo dominio televisivo, guardando schifati programmi tv considerati spazzatura e farne la critica/cronaca su Twitter? Bisogna scrivere fiumi di inchiostro sui giornali per criticare i programmi del giorno prima, come se non si sapesse già che chi realizza, pensa e presenta questi programmi sono in larga parte le stesse persone da decenni? Ho la presunzione di conoscere e capire la pancia dell’Italia senza per forza dovermi servire al fast food mediatico dello stesso italiano medio.

Siamo sicuri poi che questo sia l’Italiano medio? Vogliamo provare a vedere quanti sono quelli che guardano la tv nella prima serata? Quanti gli spettatori dei programmi di informazione o di intrattenimento più criticabili? Quanti in valore assoluto leggono i libri di ricette in cima alla classifica? Quanti leggono il gossip della carta stampata, politico o artistico che sia? Quanti sono i lettori online delle fine notizie con donnine seminude e altre gallerie fotografiche sensazionalistiche? Stiamo parlando di milioni di persone, non nego l’evidenza, ma sono la maggioranza assoluta del paese?

Quanti sono quelli che escono di casa ogni settimana per consumare altro? Un film non banale, uno spettacolo teatrale, un museo, una mostra d’arte moderna, un concerto dal vivo? Quanti, messi insieme, leggono libri classici, saggistica, riviste non patinate? Quanti in totale navigano sulle hard news, sull’approfondimento che viene dall’estero? Quanti consumano media in lingue diverse dall’Italiano? Quanti scovano tra pay tv e tv satellitare o tv straniere su internet programmi di qualità che non passano nella tv generalista?

I secondi sono certamente più frammentati e meno compatti dei primi. Non sono questi la parte più attiva e dinamica del paese? Questa parte è meglio raccontata e compresa dell’altra? I secondi si rispecchiano nei consumi culturali dei primi? Non credo. Per capire il paese dobbiamo stare insieme ai primi o possiamo invece inserirci tra i secondi e far sapere ai primi che un altro mondo è possibile?

Siamo in una democrazia. Massimo rispetto, non solo a parole, nei confronti di chi produce contenuti per la maggioranza (relativa!) e per chi li consuma. Non venitemi però a dire che se non si entra in questo gruppo si è fuori dalla realtà. Se non si vive dall’interno questo mondo – nutrendosi di tutto ciò col naso tappato – non si è in grado di capire.

Sono sempre più convinto che alimentare il mostro è un modo per renderlo più ricco, potente, forte.

Ogni giorno abbiamo il potere di decidere il nostro futuro. Il consumo di media influenza, consapevoli o non, lo sviluppo plastico del nostro cervello. Ogni giorno possiamo decidere cosa consumare. Serata a casa davanti alla tv o davanti ad un libro? Navigo su quel sito o su un altro? Mi informo con quel tg o con qualcosa di altro? Dedico tempo al gossip o a scoprire altro? Sperimento qualcosa di nuovo o continuo sul vecchio e consolidato? Con il nostro comportamento siamo responsabili dei compensi dello star system, di cui poi non possiamo lamentarci. Se guardiamo e critichiamo ciò che guardiamo, invece di guardare altro, non lamentiamoci di cosa va in onda. Se compriamo un giornale e poi non ci piace, che lo compriamo a fare?

La tua dieta mediatica non ti soddisfa? Hai il potere di cambiarla. Mangiare cibo spazzatura, semplicemente per farne la cronaca e vedere gli effetti negativi sul proprio corpo, alla lunga può uccidere. Forse è il caso di cambiare dieta, prima che sia troppo tardi?

Published in Esperienze

8 Comments

  1. Ottimo post è esattamente quello che penso anche io! Ti stimo ancora di più dopo questo post! P.s. ma c’è qualche problema con il tuo account twitter @pandemia? non riesco più a trovarlo!

  2. Luca Conti Luca Conti

    quale problema Luca?

  3. Sono in parte d’accordo. Nel senso che è chiaro che c’è un pubblico diverso da quello attaccato al mainstream (e a sanremo, in questo caso). Quello che ti domando è: come si fa a farlo uscire fuori? Non c’è un mezzo per calcolare quel pubblico. La teoria della coda lunga (con tutti i suoi detrattori) da noi viene ignorata completamente. Il pubblico interessato in altre cose è costretto ad andare fuori a trovarsele (e qui tu ti riferisci a chi legge in altre lingue, fruisce di altre televisioni). Fino a quando non si trova un modo per rendere questa parte del paese parte della popolazione, e non gli “altri”, the others, come i cattivi dell’isola di lost, sarà difficile farsi un’idea diversa dell’Italia. Neanche io sono d’accordo con il post di valigià blu, c’ho non toglie che la tesi, anche a causa di auditel e agenda setting, funziona. Acriticamente quello è lo spettacolo per il pubblico che abbiamo, quindi l’Italia. E’ vero è un 50%, ma quel 50% vale per tutti. Perchè non c’è un auditel che calcoli l’altro 50%. 

  4. Concordo in pieno. Ho la sensazione però che quella becera e vogliosa fetta di italiani che preferisce il trash sia ancora la maggioranza. Intendiamoci: la maggioranza di color che possono decidere realmente (e quindi, ahimè, in termini economici). Ma forse, utilizzando il tuo paragone, il nostro Paese ha iniziato una dieta diversa. Gli effetti ancora non si vedono e ci vorrà del tempo. Faccio un esempio (che non vuole essere assolutamente una provocazione): quante letture in più ha portato a questo articolo la parola”Sanremo” nel titolo? Credo abbastanza,.Credo anche che sia stato un (abile? furbo? sicuramente utile) trucco per far piacere la dieta a chi non l’avrebbe mai cominciata (quindi grazie).
    Buon proseguimento e buona dieta!.

  5. Giacomo, è la maggioranza relativa del consumo misurato, né la maggioranza assoluta, né la maggioranza degli Italiani 🙂 Dal punto di vista della pubblicità è la manna, ma da giornalisti dovrebbe essere diverso

  6. Grazie Francesco, magari se vuoi ne parliamo anche di persona, visto la vicinanza 🙂

  7. Volentieri. Al momento non riesco a darti (darci) un appuntamento. Ma sto lavorando su questi temi e ti seguo (virtualmente si intende); arriverà l’occasione! Ciao!

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