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Instagram? No, grazie

L’ultima foto scattata e pubblicata su Instagram risale alla Social media week di Milano del febbraio 2013, ma non la trovi più online: l’ho cancellata. Stessa sorte toccherà presto ad altre delle 621 foto. Perché? Facciamo un passo indietro.

instagram

Sono arrivato su Instagram con l’arrivo dell’app per Android nell’aprilre 2012. ero iscritto dal luglio 2011 dal mio iPad, ma non l’avevo mai veramente usato prima. Da quell’aprile ho cominciato a pubblicare foto su base quasi giornaliera, ripartendo da foto di viaggio recenti ancora sul mio telefono: paesaggi, spiagge, opere d’arte, colazioni, altri piatti. I “mi piace” sono cominciati a piovere e così i follower (che Instagram traduce stupidamente in seguaci), fino a sfiorare 3000.

Nel frattempo consultare Instagram e vedere le foto pubblicate da amici e sconosciuti era diventata una abitudine quotidiana nei ritagli di tempo. In qualche caso se ne andavano mezz’ore buone, senza neanche rendermene conto. Complice la pesantezza della app per Android e la difficoltà del mio telefono a supportarla, ho disinstallato l’app e non sono tornato più indietro, salvo installare nuovamente l’app sul nuovo tablet Nexus 7 e da qui la cancellazione di alcune foto di cui parlavo sopra.

Lo stop all’uso di Instragram è stato quindi non pianificato e non voluto, ma da allora non ne sento affatto la mancanza e non credo tornerò a pubblicare foto, né a seguire i flussi di foto degli altri. Continuo a fare foto, non ho smesso, ma non sento la necessità di pubblicarle online, né subito, né dopo. Langue anche il mio profilo su Flickr dove sono stoccate oltre 8000 foto (!). Cosa è successo?

Non lo metto in dubbio. Di Instagram se ne può fare un uso sano ed equilibrato e probabilmente la maggior parte degli utenti rientra in questa categoria. Lo strumento porta però, senza che ce ne rendiamo conto, a due effetti negativi: cercare di dare una immagine di sé da fighi e cadere nello stalking dei profili altrui, con un loop di ritorno sul primo effetto. Esagerato? Forse. Prova però a distaccarti un attimo e pensare alla tua esperienza d’uso di Instagram degli ultimi mesi. Quante delle foto che hai pubblicato sono state da te selezionate con cura per mostrare il meglio del meglio della tua esperienza quotidiana? Quanto tempo passi giornalmente a scorrere le foto dei tuoi contatti? Quante di queste rientrano nella stessa logica, anche inconscia, dell’apparire super? Che effetto ti generano queste foto nel loro insieme?

Da un po’ di tempo a questa parte ho riscoperto la condivisione privata e il non condividere. Privata significa per via privata e personale, non accessibile online, ma inviata in maniera mirata a singole persone. Non condividere vuol dire essere più presenti nell’esperienza che sto vivendo, senza preoccuparmi di caricare la foto e soprattutto essere tentato di misurarne l’effetto di “mi piace” e commenti, che distoglie dall’essere presenti nel momento.

Tutto ciò non mi costa alcuna fatica, non mi ha provocato nessuna perdita in termini di relazione (che amicizia è una che si mostra soltanto nel seguirti e nel cliccare “mi piace” ogni tanto??), non mi ha generato né crisi d’astinenza, né curiosità ne tornare a fare lo “stalker” dei miei amici. Se c’è qualcosa di fondamentale successo nelle loro vite, anche fotograficamente, certamente me lo mostreranno alla prima occasione. Se no, amen. Vedere cosa stanno facendo i tuoi amici durante la giornata può dare un senso di vicinanza che, a pensarci bene, è soltanto apparente, labile, artefatto, non reale. Sono convinto che per molti vuole essere un modo per non sentirsi mai solo, ma sempre in contatto, insieme ad altri, anche se lo stare insieme qui è guardare dalla porta nelle vite degli altri, con il loro consenso. E’ vita questa?

Un articolo su Slate spiega bene gli effetti potenzialmente negativi nell’uso non equilibrato di Instagram

Published in Media & Social media

9 Comments

  1. Quanto hai ragione e quanto sono vittima di Instagram e del volermi mostrare figo e del voler spiare la vita degli altri.
    Grazie per condividere queste tue riflessioni con noi ché ci fai ragionare un po’ sul nostro socialcomportamento

  2. instagram ha effetti soggettivi pari pari al caffè

  3. pandemia75 pandemia75

    non ne sono persuaso

  4. pandemia75 pandemia75

    non hai letto bene, perché ho scritto che la maggior parte della gente non cade in questa sindrome 🙂

  5. Orazio Spoto Orazio Spoto

    un punto di vista interessante e credo totalmente in linea con un processo di alleggerimento che mi sembra di capire tu abbia attuato sui social e non solo rinunciando dove possibile al consumismo e all’ostentazione. Sono d’accordo con te sull’idea di alleggerirsi di tutto ciò che è superfluo. Se posso permettermi, credo sia importante far capire che il superfluo ha il nome che gli diamo noi. Ergo, per te, Instagram. Per altri potrebbe essere, che so Foursquare. Questo più per far passare il messaggio vero e distogliere l’attenzione dal media specifico. Ovviamente si tratta di una lettura personale del tuo post. Poi su Instagram scopro il territorio, osservo belle immagini e dei profili fighi, semplicemente, non me ne curo!

  6. conosco da tempo, ma mi è venuto a noia 🙂

  7. pandemia75 pandemia75

    divertente, anche se mi è venuto a noia

  8. Niente di che, avvalorava la tua tesi della piega “cool” che mi trova d’accordo 😉

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