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La crisi dei giornali italiani. Ed. Aprile 2017

giornali aprile 2017

Dai dati ADS mensili, aprile 2017, ho estratto i dati dei giornali italiani che vendono (non diffondono, vendono!) più di 50.000 copie al giorno, tra carta e digitale, esclusi i quotidiani sportivi. Il risultato?

Sono rimasti in 10 a vendere più di 50.000 copie: Avvenire, Corriere della Sera, Il Gazzettino, Il Giornale, Il Messaggero, Il Resto del Carlino, La Nazione, La Repubblica, Il Sole 24 Ore e La Stampa.

Se alziamo l’asticella ad almeno 100.000 copie, sono rimasti in 7: Avvenire, Corriere della Sera, Messaggero, Carlino, Repubblica, Sole e La Stampa. Dal prossimo mese (o da quello dopo), il numero potrebbe scendere a 4, considerando che tre sono sull’orlo delle 100.000 copie.

Se andiamo a vedere l’edicola, siamo già a 4: Corriere della Sera, Repubblica, Messaggero e La Stampa.

Sopra le 150.000 copie ci sono rimasti ormai solo Corriere e Repubblica. Repubblica è scesa sotto le 200.000 copie cartacee e da primo giornale in edicola è da mesi secondo, con il divario con il Corriere che è arrivato a oltre 30.000 copie in meno. La Stampa è scesa sotto le 150.000 copie credo per la prima volta da anni. Il Sole 24 Ore, senza le copie digitali multiple, vendute in blocco a banche ed aziende (rilevate credo dal prossimo mese, dopo lo scandalo) e senza il digitale, non arriva più neanche a 100.000 copie cartacee.

Qualcuno dirà che le copie diffuse sono di più, che i lettori sono molti di più e che l’influenza sugli altri media (=televisione) è ancora alta. Tutto vero, ma se non ci sono i lettori che sostengono i loro giornali e se la pubblicità continua a calare a questo ritmo (quotidiani -19,4% aprile 2017 su aprile 2016), non so quanto la baracca continuerà a reggere. Le copie digitali e l’online rallentano l’agonia, ma non abbiamo ancora toccato il punto più basso a mio avviso.

Ciò che ci possiamo aspettare è una ulteriore riduzione delle redazioni, meno pagine prodotte, contenuti di minore qualità, calo dei lettori, calo dell’influenza dei giornali a favore della televisione e di Google/Facebook.

Non ci sono segni di inversione di tendenza.

Dati ADS Aprile 2017


Aggiornamento 2025

Rileggendo l’analisi dell’aprile 2017 sulle vendite dei quotidiani italiani, emerge un quadro di una realtà che, a distanza di quasi otto anni, si è evoluta in modo significativo, confermando purtroppo molte delle previsioni più pessimistiche di allora.

Nel 2017, la soglia delle 50.000 copie vendute (carta e digitale) vedeva ancora 10 quotidiani superarla. Oggi, quel numero è drasticamente ridotto. La tendenza al ribasso delle vendite in edicola e la crescente frammentazione dell’informazione online hanno accelerato processi che erano già in atto.

Cosa è cambiato dal 2017 al 2025:

  • Il crollo delle copie cartacee è proseguito: La discesa delle vendite in edicola, già evidente nel 2017 con giganti come Repubblica e La Stampa sotto soglie storiche, è diventata ancora più marcata. Oggi, raggiungere le 100.000 copie vendute (non diffuse) complessive è un traguardo per pochissimi, e la maggior parte delle vendite si è spostata sul digitale. Le cifre citate allora per Corriere e Repubblica, sopra le 150.000 copie, sono lontane.
  • Il digitale non è solo “un rallentamento dell’agonia”: Se nel 2017 le copie digitali erano viste principalmente come un freno all’agonia, oggi rappresentano una componente vitale e spesso maggioritaria dei ricavi da vendita per i grandi quotidiani. Molti lettori che prima acquistavano il giornale in edicola sono migrati agli abbonamenti digitali, che offrono convenienza e accessibilità.
  • La pubblicità: una migrazione inarrestabile: La pubblicità ha continuato il suo calo nel cartaceo, migrando massicciamente verso il digitale. Tuttavia, il mercato pubblicitario online è dominato da colossi come Google e Meta (ex Facebook), rendendo difficile per i quotidiani capitalizzare appieno su questo spostamento. Le redazioni sono state costrette a reinventare i modelli di monetizzazione, puntando su abbonamenti premium, eventi e altre iniziative.
  • Redazioni e contenuti: il dilemma della qualità: La previsione di “ulteriore riduzione delle redazioni, meno pagine prodotte, contenuti di minore qualità” si è in parte avverata, ma con delle sfumature. Se da un lato molte testate hanno dovuto affrontare tagli e riorganizzazioni, dall’altro c’è stata una spinta verso la specializzazione e la qualità nell’offerta digitale. Per attrarre e fidelizzare gli abbonati, i quotidiani investono sempre più in inchieste approfondite, podcast, newsletter esclusive e formati multimediali. La battaglia per l’attenzione non si vince solo con la quantità, ma con l’autorevolezza e l’unicità.
  • Influenza e frammentazione dell’informazione: L’influenza dei giornali tradizionali sulla televisione si è ridotta, come previsto. Tuttavia, il vero “spostamento” non è stato solo verso la TV, ma verso un ecosistema informativo estremamente frammentato. Social media (TikTok, YouTube, Instagram), piattaforme di podcast, newsletter indipendenti e aggregatori di notizie sono diventati fonti primarie per molti, erodendo ulteriormente la centralità del quotidiano classico.

La resilienza in un paesaggio cambiato

Nonostante le sfide immense, alcuni quotidiani storici italiani hanno mostrato una notevole resilienza, reinventandosi nel digitale. Non si parla più di “segni di inversione di tendenza” nel senso di un ritorno al passato, ma piuttosto di una continua evoluzione e adattamento. Il punto più basso potrebbe essere stato toccato o meno, ma è certo che il modello di business e la fruizione dell’informazione sono stati irrevocabilmente trasformati.

Il giornalismo non è morto, ma si è evoluto in forme diverse, cercando nuovi equilibri tra informazione di qualità, sostenibilità economica e un pubblico sempre più connesso e selettivo.

Published in Media & Social media