In una domenica pomeriggio dell’aprile del 1994, lo ricordo come se fosse oggi, io e Riccardo decidiamo di andare all’internet cafè aperto dentro un videonoleggio in città. Internet si pagava un tot all’ora e non era economico, forse 10.000 lire o più. L’emozione non era da poco. I siti disponibili erano pochi e se non li conoscevi già, era difficile trovarli. Ricordo solo che siamo andato sul sito della Juventus (Riccardo era un tifoso) e sul sito della Ferrari, considerato uno dei più belli dell’epoca.
A distanza di un mese, al termine del corso di Fisica II all’Università di Urbino, il docente ci porta nel laboratorio di Fisica per farci vedere Internet. A gruppetti, ci piazza davanti ad alcuni computer sparsi nel laboratorio. Ricordo un grande monitor a schermo catodico e Netscape Mosaic, il primo browser grafico, sostituito pochi mesi dopo da Netscape Navigator, poi ucciso in culla da Microsoft Internet Explorer. Ricordo che il docente ci spiegò le potenzialità del mezzo per studiare e recuperare informazioni. Ci mostrò un sito di astronomia e non ricordo altro.
Da lì a poco la facoltà di Scienze Ambientali, dove studiavo, attivò una postazione internet dentro la bibblioteca universitaria. Era necessario prenotare un’ora durante la giornata, lasciando nome e firma, per usare il computer connesso alla rete. Ricordo che nel dicembre 1994 apro la mia prima casella di posta su Hotmail. All’epoca Hotmail non aveva ancora raggiunto 1 milione di caselle attiva e si promuoveva con una firma automatica aggiunta ai messaggi in uscita, con l’indirizzo del sito. Lo spazio era qualcosa come 10 Mb ed era tutto gratuito. Superate le 100 milioni di caselle, qualche tempo dopo, Hotmail venne acquisito da Microsoft.
All’epoca fantasticavo su un mondo in cui tutti o quasi avrebbero avuto una casella di posta e la comunicazione personale sarebbe stata molto più fluida e immediata. Dopo qualche mese avevo creato un biglietto da visita cartaceo dove avevo inserito il mio indirizzo email, ma all’epoca ero tra i pochi ad averne una. Avanti di qualche anno, autunno 1998, sono a Parigi per un progetto inserito nel Socrates, l’Erasmus delle facoltà scientifiche. Mio padre aveva un cellulare prepagato, uno dei primi a uscire, e comunicavo con lui giornalmente, inviando gratis da internet vari SMS. Un ponte che favoriva la comunicazione a basso costo, a lunga distanza. A casa non avevamo un computer (il primo lo comprai l’estate seguente) e quindi quella era l’unica alternativa a coste telefonate internazionali.
Nello stesso periodi colsi la potenza informativa della rete. Navigando dopo pranzo sul sito di Repubblica.it, seguono in diretta la caduta del governo Prodi, con il famoso voto di fiducia perso per un voto contrario. Mi sembrava di essere in Italia, tanto ero coinvolto e informato su ciò che stava accadendo. Una sensazione avuta anche in un altro momento storico: l’attacco dell’11 Settembre 2001. In quel momento stavo raccogliendo materiale per la tesi. Navigando dal laboratorio di biologia, vedo a margine di un sito, la notizia dell’attacco. Non mi sembrava vero. Ci credo solo dopo che un’altra ricercatrice ne parla ad alta voce. Dopo poco i principali siti informativi erano irraggiungibili e così andai a casa.
Nei giorni seguenti venni a scoprire i blog. Un articolo di CNN raccontava come i newyorkesi dotati di blog, aperto su Blogger.com, raccontavano in diretta cosa stava succedendo e si linkavano a vicenda, per fare passaparola. Da allora decisi di aprire un blog su Blogger.com, ma la piattaforma non mi piaceva e non mi sentivo pronto. Dopo aver preso l’abitudine di frequentare la blogosfera italiana sul suo nascere – Matteo Cassese con Skipintro, La pizia, Manteblog, Giuseppe Granieri e il suo Blogcafè – solo nel dicembre del 2002, dopo altri test, trovo la piattaforma ideale in Clarence e apri Pandemia. Era il 13 Dicembre del 2002.
Da allora ho cominciato a essere un utente attivo della rete, scambiando informazioni, linkando blog, raccogliendo notizie, criticando gli errori dei grandi siti d’informazione italiani, cominciando a conoscere nuove persone e a partecipare a eventi. Il primo è nel giugno del 2004 a Napoli, organizzato dall’Università di Napoli e da Giuseppe Granieri. In quell’occasione, Culture digitali, conosco Luca de Biase, Joi Ito, Loic Le Meur, Paolo Valdemarin, Giuseppe Granieri e molti altri protagonisti della scena web & tech italiana e internazionale.
Da quel momento, l’interesse per i blog e quello che diverrà il social web cresce fino a rimbalzare sui grandi media. Nel 2006 Luca de Biase mi offre di riprendere una ricerca pubblicata sul mio blog per Nova del Sole 24 Ore. Fine 2006 vengo invitato a Parigi al lancio di France24. Rai News 24 mi nota e mi offre di collaborare. Nel 2007 apro quindi la partita IVA per firmare il contratto di collaborazione con la Rai e la mia passione diventa un lavoro. Nel 2008 conosco Hoepli, dopo aver pubblicato qualche libro con una casa editrice sostenuta da Paolo Ainio, che poi userà lo stesso veicolo societario per fondare Banzai Media. Dal 2009 comincio a scrivere libri per Hoepli e diventare il curatore della collana Web & Marketing 2.0, oggi Digital Marketing Pro.
Chissà cosa farei oggi senza Internet. Forse lavorerei in un laboratorio di analisi ambientale o sarei da qualche parte nel mondo a organizzare campagne per la difesa dell’ambiente.
Contributo scritto per la campagna promossa da Webranking con hashtag #lamiastoriaconinternet
La mia esperienza con internet nasce nel 1994, anno in cui ho avuto tra l’altro il mio primo pc portatile. La prima applicazione, la posta elettronica. Una vera rivoluzione, io, giornalista, potere inviare gli articolo evitando telefonate e dimafonia. Una vera rivoluzione. Come anche una rivoluzione è stata quella di organizzare la rubrica indirizzi, fino a quel momento cartacea, in formato elettronico. Poi, l’esperienza professionale in redazione, che nei primi anni non poteva avere una rete intranet. Quindi esisteva un solo pc in redazione, che si connetteva attraverso un modem. Non avevo concorrenza, mi connettevo solo io e navigavo sui siti di informazione, nazionale e internazionale, allargando notevolmente lo sguardo professionale. Non potrò mai dimenticare, poi, dopo il primo cellulare personale (anticipato dai radiomobili sulle auto aziendali, legati a filo, pesanti come mattoni) la nascita degli sms. Ricordo ancora il primo, da un collega della Basilicata. Non riuscivo a capacitarmi come facesse. Non tutti i telefoni erano abilitati. Pensare che sullo schermo di un telefono potessero comparire le parole suscitava un’emozione pari a quella, decenni prima, di chi sentiva la voce attraverso il telefono fisso. Non ci si poteva credere. Oggi non si può credere che sia esistito un mondo senza. E ancora non abbiamo fatto completamente pace con questo nuovo menage. Ma sappiamo bene che le sfide son tutt’altro che terminate. La sfida della comunicazione, la sfida dei linguaggi è sempre aperta. Basta avere capacità di mettersi in ascolto e ‘adottare’ le rivoluzioni.
Complimenti Vincenzo, le tue sfide mi sono d’esempio.