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Il piacere dell’abbandonare i libri che non piacciono

Dalla lettura di Come un romanzo, di Daniel Pennac, la mia vita di lettore è cambiata. Ho capito che leggere deve sempre essere un piacere, altrimenti ti passa la voglia. Ho capito che abbandonare un libro che non piace è un diritto e non c’è niente di sbagliato nel farlo.

Nelle ultime settimane ho ripreso ad applicare questo diritto di lettore, in maniera più estrema rispetto al passato. Ho abbandonato più libri di quanti ne abbia finiti, nell’ultimo mese, ma è stato fantastico. Fantastico perché ho letto tanto, senza contare quanti libri letti o quante pagine lette, e tra i libri apprezzati ho trovare delle perle poco note al grande pubblico, come Io odio Internet di Kolbek. Capolavoro, che dovresti leggere anche solo perché usi internet nel 2019. Fidati.

Ho capito se, letto il 10-30% di un libro, non c’è empatia verso i personaggi (gli inglesi usano l’espressione investment) è inutile continuare ed è meglio cambiare libro. Altrimenti finirai per trascinartelo contro voglia e leggerai meno. Considerando che leggere un romanzo non è compito di scuola (e anche se lo fosse, sarebbe sbagliato costringere a leggere qualcosa), meglio passare ad altro. Tra gli abbandonati senza rimpianti ci sono stati:

  • Cari mora di Thomas Harris: sono un grande fan del primo Harris, prima che il successo di Hannibal gli desse alla testa. Il nuovo libro è assolutamente perdibile. Abbandonato dopo un terzo, perché se non ti sei già appassionato ai personaggi, non ti appassioni più e perché continuare quindi?
  • Il nipote di Wittgenstein e Camminare di Thomas Bernhard: seppur siano libri brevi, li considero illeggibili. Probabile prenda anche gli altri di Bernhard e li metta tutti come letti. In entrambi lo stile è ripetitivo a dir poco.Se questa è la cifra che rende originale Bernhard, per me lo rende illeggibile. Giocare con le parole, per ripetere lo stesso concetto, negando la stessa frase o usando un tempo diverso, diventa masturbatorio. Senza offesa per quelli a cui piace.
  • Chi manda le onde di Fabio Genovesi: lo avevo già abbandonato una volta, ma l’ho voluto riprendere in mano dopo che due cari amici me lo hanno caldeggiato come uno dei loro preferiti di sempre. Con un’amica l’ho sintetizzato come “riso amare sulle tristezze italiche”. Se questo sport ti diverte, il libro ti piacerà un sacco. Non essendo il mio sport preferito, anzi, al 16% ho deciso di mollarlo. C’è da dire anche che la storia di una mamma e di una figlia non è esattamente la storia con cui io posso sviluppare più facilmente empatia. Ci sta. Genovesi poi usa uno stile brillante per raccontare il quotidiano, per sdrammatizzare temi seri. A me non sembra né impegnato, né divertente, ma sono io.
  • Turista per caso di Anne Tyler: mi ricordavo di aver visto il film, un secolo fa, e avevo sentito parlare bene del libro. Sono arrivato a un quarto e, mancando empatia nel personaggio (difficile da amare), ho deciso che non avevo voglia di continuare. Ho altri 6000 libri da leggere e 300 prioritari già selezionati. Posso divertirmi con altro.

Proprio perché ho abbandonato tutti questi romanzi, con ancor più soddisfazione ho apprezzato altri due libri, letti negli scorsi due weekend: Sunburn di Laura Lippman e Persone normali di Sally Rooney. Due libri letti entrambi in due giorni ognuno.

Torno a leggere e a vedere se trovo il libro giusto per questo weekend. Ne ho cominciati altri due, ma ho l’impressione che siano da abbandonare…

Buona lettura e… buon abbandono.

P.S.

Abbandonare un libro, quando se ne leggono pochi e ognuno è stato acquistato, magari a prezzo pieno, tira un po’, lo capisco. Il senso di “l’ho comprato e ora lo devo leggere” è comprensibile, ma dannoso. Torniamo al concetto di dovere contro piacere. Per far venire meno questo fenomeno, la soluzione è la bibblioteca. Ne prendi in prestito due o tre che ti ispirano e abbandoni quello che non ti piace, continuando a leggere, senza sensi di colpa.

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