Per quale motivo le persone in coppia venivano messe una di fronte all’altra, adibite in un tête-à-tête perenne, come se fosse scontato volere sempre quel tipo di comunicazione frontale, a lume di candela anche a ferragosto? Nessuno aveva mai abbastanza fegato da intimare al cameriere: “Scusi, mangiamo insieme al ristorante da trent’anni, non abbiamo più niente da dirci, non ci sopportiamo più, ci potrebbe mettere al tavolo con altri?”
Gli estivi di Luca Ricci
Luca Ricci torna, dopo Gli autunnali, con un libro altrettanto provocante e caustico: Gli estivi. Io ti ho avvertito.
L’espressione “ti amo” restava un enigma affascinante. Era un foro, uno sbrego, una bruciatura di sigaretta nel tessuto (di per sé poco pregiato) della comunicazione umana. Che cosa diavolo significava? Significava uggiolare alla luna, ascoltare sempre la stessa canzone, non mangiare più, fare petting al parco, tenersi per mano in strada, regalarsi cioccolatini per San Valentino, imparare a scopare, rompersi le scatole degli amici, volersi salvare, prendersi per i capelli sul bordo del precipizio, annoiarsi insieme, sottostare a un qualche sistema di valori condiviso (tipo la fedeltà), vivere nella stessa casa, farsi venire degli scrupoli (o almeno una gastrite), contare i piatti del servizio buono e le disgrazie, preoccuparsi, chiedere: “Che cosa hai mangiato per cena?”, impuntarsi su tutto, litigare per poi fare pace, abbruttirsi senza remore, unire le proprie tristezze, cenare in silenzio, non pretendere più nulla e sorvolare su tutto, ritirare le analisi mediche dell’altro, impietosirsi, pregare, bruciare dello stesso fuoco e dopo restare a guardare la cenere dietro di sé, seppellirsi?
Gli estivi