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L’abbaglio dell’informazione “in real-time per il grande pubblico”

Dopo la vendita dell’Espresso, l’AD del gruppo GEDI ha incontrato il Cdr del gruppo. Tra le rassicurazioni e le affermazioni varie, ce n’è una che mi ha colpito:

Il gruppo si concentra dunque sull’informazione “in real time per il grande pubblico”, veloce, al passo con i tempi, moderna, digitale, interattiva sfruttando tutte le possibilità tecnologiche (testo, audio, video…).

Dopo i podcast (“iniziativa di successo perché dopo un mese dal lancio siamo già primi in Italia”), si continuerà con lo sviluppo degli hub verticali (utenti e pubblicità premiano la specializzazione ed, apprezzano qualità e ritmo di questi prodotti) ed il rinnovo delle dotazioni tecnologiche (con relativi corsi di formazione).

Primaonline

Se questa è la strategia del gruppo GEDI nel 2022 per sopravvivere nel mercato dell’editoria, be’, non vedo un grande futuro per il gruppo.

Il real-time per il grande pubblico è già altrove

L’idea di fare concorrenza alle tv all-news e al social web, in particolare Twitter, sul chi dà le notizie un minuto prima degli altri, mi sembra una idea fallimentare già nel momento in cui viene dichiarata. Anche ammesso che si vinca sulla concorrenza, per arrivare un minuto prima degli altri, come si traduce questo vantaggio in maggiori ricavi? Il grande pubblico dovrebbe andare su repubblica.it perché comprende, sistematicamente, che arriva un minuto prima? Si può arrivare prima della TV e prima di Twitter oggi? Ho i miei dubbi.

Il valore dei giornali è nell’approfondimento

Investire sul real-time è l’opposto dell’investire sull’approfondimento. Se la ragione è che l’approfondimento non paga, allora i giornali cartacei potrebbero smettere di essere stampati fin da subito. Arrivano il giorno dopo e di real-time non hanno nulla. Non potranno mai essere competitivi da questo punto di vista. Di fatto si tratta di una resa, annunciata e non dichiarata? Invece di valorizzare un punto di forza, la capacità dell’approfondimento con i tempi dell’approfondimento, lo si nega in partenza. Evidentemente si vuole lasciare questa nicchia ad altri, perché poco remunerativa.

Il valore della stampa è nelle opinioni

Come si differenzia una testata giornalistica da un’altra, quando tutti possono far rimbalzare le stesse notizie degli altri, anche a distanza di un minuto? Con una diversa linea editoriale, incarnata dalle firme e dagli opinionisti. Questi possono essere citati, ma non certo anticipati o replicati, se non rafforzando l’originale. L’opinione non ha niente a che vedere con il real-time. Non per niente una testata come il New York Times ha una sezione Op-Ed, dove circolano le opinioni, forte e ampia, con tante voci che generano dibattito e, appunto, opinione. Da questo punto di vista la strategia dei giornali è perdente ormai da anni: gli opinionisti vengono regalati alla televisione con comparsate nei programmi di prima e seconda serata, sperando ingenuamente che la notorietà della firma si sarebbe tradotta in più autorevolezza e vendite per la testata di appartenenza. Il risultato è che le firme hanno acquisito potere contrattuale, finendo a condurre programmi televisivi, ma le testate hanno perso copie e lettori: perché comprare il giornale il giorno dopo se ho già sentito l’opinione della firma in tv?

Dove finiremo?

La strada è segnata. Se l’obiettivo è cambiare la home page con una nuova apertura, un nuovo titolo, una (per finta) nuova notizia ogni 5 minuti, o anche meno, scommetto su un’informazione che non serve il grande pubblico, ma lo rende dipendente. Peccato poi che i maestri in questo servizio siano le piattaforme social, che il pubblico lo hanno ben più ampio già oggi.

In tutto questo non c’è evidentemente una strategia per la carta, lasciata al suo declino, finché dura. Quando non sarà più economico stampare carta, non si stamperà più. Forse certi fenomeni e certe tendenze sono di portata ben maggiore di quanto anche un AD di un grande gruppo editoriale nazionale possa essere in grado di contrastare. Certo però se questa è la visione, il futuro non promette bene né per chi è alla ricerca di informazione di qualità, né per chi vuole lavorare con professionalità e senso civico nel mondo dell’informazione.

Published in Media & Social media

2 Comments

  1. Massimo Massimo

    Invece a me colpisce più questo passaggio fatto ieri dal nuovo editore de L’Espresso Iervolino https://www.primaonline.it/2022/03/10/347145/editoria-iervolino-serve-rivoluzione-digitale-con-lespresso-tante-possibilita/, anzi mi fa rabbrividire:
    “Sicuramente il settore è molto piatto e c’è bisogno di fare una rivoluzione digitale, immaginando infotainment, cioè informazione e intrattenimento insieme, con contenuti multimediali, trasformando l’audience anche in moneta sonante”.

    Non so se sia più grave infotainment o informazione in tempo reale, in entrambi i casi prevedo la disintegrazione dei media italiani tra pochissimi anni.

  2. L’Espresso usato come testata per l’infotainment è una cosa che non si può pensare. Un insulto.

    Un editore, cartaceo, che punta sull’infotainment, ha capito tutto dalla vita…

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