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Te l’avevo detto…

Per anni ho inseguito ogni novità approdasse sul web e l’epoca era quella del social web. Per fortuna e per intuito ho finito per iscrivermi e puntare sul successo di Twitter, Facebook, Flickr, Skype, YouTube, Feedly, GoodReads, Evernote ma anche del.icio.us, tumblr, dopplr, friendfeed e altri servizi scomparsi. Venivo a conoscerli appena usciti – Skype dopo una settimana dal lancio, quando non lo conosceva letteralmente nessuno – li usavo e in qualche modo li promuovevo facendoli conoscere. Mi divertivo, avevo un servizio e ne traevo un beneficio anche in quanto divulgatore. Ottimo.

A un certo punto ho cambiato atteggiamento. C’è un nuovo fantastico servizio gratuito che mi risolve un problema? Fantastico, ottimo, ma prima di usarlo e dedicargli ore del mio tempo creando contenuti e trasferendo (a mano) dati personali ho deciso di attendere un po’. Soprattutto se il servizio andava a competere con qualche servizio più potente e affermato. Per un motivo molto semplice: la probabilità che quel servizio sarebbe morto o sarebbe diventato obsoleto per mancanza di risorse era un rischio troppo alto.

Allo stesso modo ho mantenuto un atteggiamento simile sulle nuove funzioni dei servizi che usavo o di nuovi servizi. Penso a Clubhouse, servizio audio di cui si sono innamorati presto diversi tra gli amici che stimo di più. Non potendolo usare, essendo solo per iOS per molto tempo, ho avuto vita facile nell’ignorarlo. Quando è stata rilasciata la versione per Android ho continuato a ignorarlo per un semplice motivo: per convincermi a usare un nuovo servizio, investendo tempo ed energia, devi avermi dimostrato con i fatti che ho bisogno di te. Clubhouse evidentemente non era qualcosa di cui sentivo il bisogno e non avrei scommesso un centesimo di euro sulla sua capacità di affermarsi, nonostante per un certo periodo fosse sulla cresta dell’onda mediatica.

Oggi leggo, notizia di un mese fa, che la barca di Clubhouse affonda. A questo si aggiunge anche un suo parziale competitor, Twitter Spaces, anch’esso in fase di rimessa.

Cosa imparare da questa vicenda? Mai farsi prendere dall’hype per un nuovo servizio, non fosse altro perché dietro ci sono spesso gli stessi venture capital e altri soggetto interessati della Silicon Valley, che manipolano l’opinione pubblica del mondo tech. Non vale la pena dedicare energia e attenzione a fenomeni non consolidati, che hanno un’altra probabilità di fallire. Se in generale è un bene sperimentare, farlo inseguendo la presunta ultima moda è in realtà comodo e in quanto comodo, inutile. La concorrenza di Big Tech ormai è tale che è quasi impossibile che un nuovo soggetto riesca a insinuarsi e a sopravvivere da indipendente. Molto più facile che venga acquisito e il servizio chiuso o che venga clonato e contrastato pesantemente. In ogni caso, in pochi casi ne vale la pena. Se poi si tratta di un tentativo di concorrenza di Big Tech su qualcosa di moda, vedi Facebook o Twitter con le newsletter, be’, meglio essere ancora più prudenti, perché trasferirsi armi e bagagli su queste piattaforme rischia di essere peggio che scommettere su una startup, come la storia recente insegna. Appena la moda scema, i cloni vengono chiusi senza tanta fanfara.

Published in Web & Tech

2 Comments

  1. Personalmente condivido tantissimo questo atteggiamento e direi che gli unici progetti che mi sento di incentivare anche quando sono nelle loro fasi embrionali sono quelli che nascono e crescono nel mondo dell’opensource dove i modelli di business sono molto più traballanti ma sono altri i fattori che portano alla nascita del progetto (maggior privacy, maggiore libertà, adozione degli standard e così via…).
    Ciao,
    Emanuele

  2. Come giustamente hai scritto, viviamo in un mondo in cui i pesci grandi continuano a mangiarsi i pesci piccoli, di fatto creando una situazione di oligopolio dalla quale non usciremo facilmente (se non a colpi di smembramenti dettati da sentenze dei giudici americani). Mi fa paura pensare che l’America di fatto ha accesso a questa smisurata mole di dati su una buona fetta della popolazione mondiale, e che possa influenzarci tutti a pensare quello che loro decidono sia importante.

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