Skip to content →

Il tuo declino professionale arriva (molto) prima di quanto pensi

Il titolo del post è il titolo del primo capitolo dell’ultimo libro di Arthur C. Brooks From Strenght to Strenght. Ho cominciato a leggerlo dopo aver notato che gli editor di Amazon lo hanno scelto come il miglior libro di saggistica della prima parte del 2022. Il nome dell’autore mi suonava familiare e infatti avevo già letto un suo articolo che mi aveva particolarmente colpito solo tre mesi fa (potere del PKM).

Leggi tutto: Il tuo declino professionale arriva (molto) prima di quanto pensi

Il punto di partenza del libro ti cattura, se hai superato 40 anni: per quanto tu ti possa impegnare, molto probabilmente il meglio della tua carriera professionale è alle tue spalle. L’autore porta numerose prove a supporto della sua tesi, anche con dovizia di particolari. Ogni ambito professionale ha il suo numero di anni di decadimento dall’avvio della carriera, ovvero la soglia oltre la quale c’è solo discesa, cognitiva, intellettiva e di conseguenza anche professionale.

Fonte: From Strenght to Strenght

Il capitolo termina con tre alternative che l’autore pone al lettore:

  1. Non accettare la realtà, frustrarsi, combattere inutilmente fino all’ultimo;
  2. Alzare bandiera bianca e accettare l’invecchiamento come qualcosa di inevitabile e tragico;
  3. Accettare che ciò che ti ha portato al successo appartiene al passato e cercare di acquisire nuove competenze e nuovi punti di forza.

Il tema del libro è quindi di accettare di aver dato il meglio sul piano professionale, senza crogiolarsi in un passato che non torna, cambiando prospettiva, per acquisire nuove competenze. Il resto devo ancora leggerlo ma mi incuriosisce già il seguito.


Leggere il primo capitolo di questo libro mi ha permesso di soffermarmi su dove sono oggi rispetto alla mia carriera professionale o almeno cercare di rifletterci su, almeno un po’. Il seguito di questo post comprende queste riflessioni.

Il mio ingresso nel mondo del lavoro ha circa la stessa data di questo blog: 2002. L’anno in cui mi sono laureato e in cui ho aperto Pandemia. Collaboravo già professionalmente con il WWF Italia, solo da qualche mese. Il blog ha generato col tempo, dal 2007, il lavoro che ho portato avanti fino al 2018/2019: consulenza, formazione nell’ambito del social media marketing e più ampiamente nel content marketing o nel marketing digitale, insieme a contenuti sotto forma di articoli giornalistici (più sul rapporto tra business e digitale che marketing), libri, lezioni universitarie, presentazioni.

Il picco di queste attività è ampiamente nel passato. Sono stato considerato il re dei blogger, ho collaborato con Il Sole 24 Ore quando ancora diffondeva 350.000 (oggi è a circa 140.000), ho insegnato all’università Milano-Bicocca, sono stato invitato come blogger/influencer ad eventi internazionali esclusivi da Microsoft, Nokia, Ferrero, Lavazza, Sony, sono stato intervistato dall’International Herald Tribune, Time magazine, La Repubblica, L’Espresso, ho pubblicato il primo libro sul business con Facebook nel 2009, seguito da altre 4 edizioni, e su altri temi del marketing digitale per un totale di 17 titoli. Tutto questo appartiene al passato. Non succederà di nuovo, non in questi termini. Pace.

Ho avuto tempo per accettare questa realtà. Il 2019 è stato un anno semi-sabbatico, con due mesi e mezzo passati a San Francisco e ho quasi rischiato di rimanerci, per certi versi. Dal 2020 è arrivato il COVID-19 e il mondo si è (parzialmente) fermato e si è interrogato sul lavoro e sulla vita. Momento per me tutto sommato favorevole, perché mi ha permesso di andare in scia sugli eventi globali correnti, già avviato su alcune tendenze: il lavoro da casa, l’isolamento sociale, il digitale come stile di vita. Il mondo ha ripartito e anch’io non sono rimasto con le mani in mano. Mi sono sperimentato con un lavoro manuale, con un certo successo. Ho ripreso a viaggiare, con una certa intensità, anche se non è un lavoro. Ho avviato un paio di progetti sul tema delle community private – Saper imparare e La Circle – con molte soddisfazioni.

Da un punto di vista di carriera classico sono un evidente fallimento: il mio reddito è una frazione di quello di 10 anni fa, il pubblico a cui mi rivolgo è anch’esso una frazione di quello di una volta. Ho scelto di interrompere la carriera di autore e di insegnante, almeno sui vecchi temi. Non ho cercato subito di rilanciarmi su nuovi trend e nuovi temi, come hanno fatto altri miei ex-colleghi: non credo nel metaverso e non ho alcun interesse nello sviluppo di contenuti effimeri, men che meno di video brevi su piattaforme che generano dipendenza in chi li usa.

Un po’ come credo sotto intenda Brooks, ho deciso di cambiare campo di gioco e giocare un’altra partita. Una partita in cui io stabilisco le regole o comunque ho voce in capitolo nello stabilirle, in cui il lavoro non viene prima del benessere psicofisico, in cui ciò che creo ha un significato per me e per chi ne è il destinatario, con pochi compromessi sul piano etico. Sotto questo punto di vista, la mia vita è nettamente migliore di quella dell’ultima fase della mia carriera nel social media marketing, in cui non credevo più in quel che dicevo e in cui gli stimoli ad alzarmi la mattina erano sempre meno.

Il conforto sul fatto che ho preso le scelte giuste è poi venuto, la scorsa settimana, da un calcolatore relativo all’andare in pensione anticipatamente (FIRE – Financial Independence Retire Early). Inserisco un dato spanno metrico sul mio patrimonio personale, sul mio reddito degli ultimi anni e sulle mie spese medie e il risultato sorprende: se volessi, potrei ritirarmi tra un paio d’anni e vivere fino all’ultimo giorno con i profitti dell’investimento del patrimonio e una riduzione del patrimonio anno dopo anno. Incredibile ma vero. Poi sì, c’è la famiglia, l’incertezza sull’andamento dei mercati finanziari e tante altre incognite che mi fanno essere prudente e non pensare al ritiro, ma in un certo senso è rassicurante rendersi conto di avere quanto basta per vivere a lungo, anche in una situazione apparentemente derelitta, sotto occupato, in un paese con poche prospettive di sviluppo economico.

La chiave in tutto ciò è risparmiare e adottare uno stile di vita con pochi bisogni, oltre a non considerare il lavoro la propria unica ragione di vita.

Continuo a leggere il libro di Brooks e se c’è qualcosa di illuminante, certamente torno a scriverne.

Published in Formazione permanente

4 Comments

  1. Alessandro Alessandro

    Grazie, Luca. Ti confesso che proprio lo scorso sabato ho inserito questo libro nella mia lista desideri Amazon, perché mi interessava non poco. Oggi so che che ho fatto bene ad attivare interesse.
    Illuminante come al solito.

Comments are closed.