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PANDEMIA Posts

L’insostenibile continuità del blogging (fatto bene)

Questo è un periodo tranquillo: niente viaggi, routine quotidiana, poca pressione, poca vita all’aria aperta o al sole per via della stagione. Come tutti gli inizi anno, anche se quest’anno mi sento in ritardo dal primo giorno – sarà che il mio primo viaggio in aereo dell’anno è stato ritardato e poi dirottato -, è un periodo non solo di buoni propositi ma di implementazione di strategie e di metodi, spesso con innesti di successo. Più tempo davanti alla scrivania, più tempo per scrivere, più tempo per riflettere.

Oggi pomeriggio, dopo aver procrastinato per giorni o settimane, mi sono messo a rivisitare la lista dei progetti con le cose da fare che avevo segnato e non fatto, persi nei meandri del mio sistema di PKM, ma perfettamente tracciabili e infatti ho recuperato una lunga lista che ho cominciato a ridurre, eliminando attività ormai inutili, riprendendo quelle importanti lasciate indietro. Tra queste alcune erano relative al blog.

Mi ero appuntato di prendere come spunto alcune pagine da altri blog, relativi al modo di presentarsi o al modo di presentare contenuti relativi agli appunti e alla recensione di libri. Vado a rivedere i blog, questo in particolare, e mi accorgo che non è aggiornato da tempo. Non è il primo e non è l’ultimo. Tenere aggiornato un blog, producendo – scrivendo e pubblicando – testi continuamente è un lavoro (non pagato). Ciò significa che sei in grado di farlo se:

  • Puoi considerarlo un divertimento e quindi parte ben impiegata del tuo tempo libero, quasi un volontariato part-time, come scrivere per Wikipedia;
  • Ciò che scrivi è un sotto prodotto generato a partire da qualcosa che afferisce direttamente alla sfera professionale e quindi, in quanto tale, genera dei ricavi e un reddito;
  • Il tempo dedicato a scrivere è un investimento per costruire altro e tale investimento è sostenuto da un finanziatore (la famiglia, per uno studente) o da un cuscinetto di risorse messe da parte in precedenza.

Se hai un lavoro che consiste in altro, se hai modi diversi e vari per impiegare il tuo tempo libero, se hai poco tempo libero, se non hai risorse per investire nello scrivere, be’, curare un blog in maniera costante è qualcosa che non è sostenibile.

Sì, puoi trovare comunque il tempo di scrivere un articolo lungo ogni tanto, senza una particolare frequenza, puoi pubblicare aggiornamenti brevi come tweet segnalando link e poco più, puoi creare un mix dei due precedenti contenuti, ma non riuscirai ad avere continuità sul lungo periodo, per le ragioni di cui sopra.

Già porsi il problema, oggi, è anacronistico. La maggior parte di chi aveva un blog, quando c’erano solo i blog, ha da tempo optato per scrivere su Facebook o su Twitter o su Substack, oppure ha capito che è meglio pubblicare immagini, storie (=contenuti effimeri da 24 ore, foto o video), video brevi o lunghi. Chi oggi apre un blog è una mosca bianca. C’è ancora chi ne porta avanti uno, come il sottoscritto, ma è più per affezione o autoriflessione che altro.

Tutto questo pistolotto per scriverti che, pur con tutte le velleità del caso, non sono nelle condizioni di portare avanti vari progetti di rinnovamento di questo (o dell’altro) blog: l’antibibblioteca per esempio, le note sui libri o altri spunti trovati in giro che non sto neanche a segnalarti. Lo dico prima a me stesso che a te, ma il tema mi è sembrato comune e mi sono preso il disturbo di scriverlo qui.

Poi, per quanto non ce lo vogliamo dire perché è doloroso pensarlo, su questa Terra (non che ce ne siano altre!) siamo tutti temporanei. Il web poi è più effimero che mai. Basta saltare il rinnovo del dominio e tutto cade nell’oblio, salvo quanto è salvato su archive.org, per chi vorrà andare a recuperare tracce digitali nel futuro. Felice di essere qui e ora a scrivere queste righe. Del doman non v’è certezza. Basta saperlo.

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