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Categoria: Vivi meglio

App, servizi, consigli e pratiche per vivere meglio con il digitale

Come non fare niente

Stare senza far nulla, nell’era in cui appena ci annoiamo abbiamo un riflesso pavloviano e prendiamo lo smartphone in mano, è un’impresa. In questo senso il libro di Jenny Odell How to do nothing è manna dal cielo. L’inizio promette molto bene:


Nothing is harder to do than nothing. In a world where our value is determined by our productivity, many of us find our every last minute captured, optimized, or appropriated as a financial resource by the technologies we use daily. We submit our free time to numerical evaluation, interact with algorithmic versions of each other, and build and maintain personal brands. For some, there may be a kind of engineer’s satisfaction in the streamlining and networking of our entire lived experience. And yet a certain nervous feeling, of being overstimulated and unable to sustain a train of thought, lingers. Though it can be hard to grasp before

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La fine della fine della terra

La fine della fine della terra è una raccolta di articoli e brevi saggi. Alcuni sono brillanti, altri noiosi. Vale la pena prenderlo in biblioteca e leggere solo gli articoli che ti interessano, tra critica sociale, cambiamenti climatici e birdwatching.

Un paio di brani:

Kierkegaard, in Aut-Aut, prende in giro l’«uomo indaffarato», per il quale darsi da fare è un modo per evitare di guardare a se stesso con sincerità. Magari vi svegliate di notte e vi accorgete di sentirvi soli nel vostro matrimonio, o di dover pensare a ciò che i vostri consumi stanno facendo al pianeta, ma il giorno dopo avete un milione di piccole cose da fare, e il giorno dopo un altro milione. Finché sarete impegnati con le piccole cose, non dovrete fermarvi ad affrontare le questioni piú grandi. Scrivere o leggere un saggio non è l’unico modo per fermarvi a riflettere su chi siete davvero

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Ogni momento è unico e irripetibile

Nella nostra epoca, la collera è scatenata da situazioni che troviamo sbagliate o inique. Se passiamo all’attacco rischiamo di perdere il controllo e di peggiorare il problema, poiché a quel punto la parte avversaria si sente minacciata e contrattacca a sua volta. Se reprimiamo l’ira, facciamo del male a noi stessi. Possiamo aggredire o trattenerci, ma in entrambi i casi la rabbia è un’emozione distruttiva. Lo diceva già Buddha: «Essere adirato è come afferrare un tizzone ardente per scagliarlo contro qualcuno. Ma chi si scotta sei tu».

Libro breve, ma ricco di perle.… Continua a leggere

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Il sabotaggio di Google contro Firefox

Da utente di Firefox l’ho sospettato da tempo. Google Documenti a volte non funziona bene. Gmail è lento da caricare. Anche YouTube non è una scheggia. Con Google Chrome l’esperienza era diversa. Ora ho capito perché: Google ha sabotato Firefox.

Un motivo in più per ridurre la dipendenza dai servizi di Google e non tornare di certo a Google Chrome, nonostante i problemi.… Continua a leggere

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Vivere per lavorare non è una bella cosa

Vivi per lavorare o lavori per vivere? Andrew Taggart sintetizza perfettamente perché il lavoro come misura di tutte le cose è un concetto dannoso, per non dire altro. Io non sono il mio lavoro. Posso amarlo, ma la mia vita e la mia identità comprende molto altro.

C’è stato un periodo della mia vita in cui io ero il mio lavoro. Da tempo non è più così e non ho assolutamente alcuna intenzione di tornare indietro. Se la prima domanda che mi fa uno sconosciuto, appena incontrato in un contesto sociale, è “che lavoro fai?“, questo non parte per niente bene.

And how, in this world of total work, would people think and sound and act? Everywhere they looked, they would see the pre-employed, employed, post-employed, underemployed and unemployed, and there would be no one uncounted in this census. Everywhere they would laud and love work, wishing

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Dimostro l’età che ho e va bene così

UN tempo chiedere l’età a una signora era considerato maleducazione.

Oggi la stessa cosa succede quando la chiedete a un over sessantacinque. Dà fastidio.

Oppure se ci dicono: «Come porti bene la tua età». Perché dietro quello che a prima vista sembra un complimento, pare nascondersi una forma di giudizio.

Che male c’è a dimostrare la propria età, o meglio se si dimostra un’età inferiore a quella di nascita?

C’è chi non si scompone, chi gioisce perché si considera fortunato, così come molti non apprezzano la domanda.

Quando non credono ai miei anni, e vogliono vedere la carta d’identità, me la cavo con una battuta. Mi tolgo vent’anni e rispondo: «In realtà ho sessantatré anni, ma purtroppo li porto malissimo, perché ho avuto una vita molto difficile e faticosa». Un modo per scherzarci sopra.

Caterina Serra, su un articolo dell’Espresso, afferma che parlare sempre di età serve a

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40 libri per 40 emozioni, in un solo libro

40 libri per 40 emozioni è un libro memorabile, scoperto per caso. Se non altro per lo stimolo leggero, con 40 citazioni da altrettanti libri, per coltivare 40 emozioni. Un libro da assaporare.

La conoscenza della vita interiore non ci renderà più efficaci o efficienti: se è solo questo che cerchiamo, meglio scegliere altri metodi. Approfondirà invece in noi il gusto per la vita e ci renderà più umani: vi sentite umani, quando non avete nemmeno più il tempo di fermarvi a riflettere, a provare sensazioni, a respirare, guardare, esistere? Se non fate altro che lavorare, consumare, agitarvi in tutti i sensi, vi sembra di essere umani o vi sentite invece degli zombie o dei robot?

Ascoltiamo ancora Christian Bobin che ci parla della vita interiore: «Entrando in questo regno, bisogna abbandonare ogni riferimento al mondo esteriore, dove tutto è governato dalla folle esigenza dell’efficacia. Non si tratta

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Forse la felicità…

MAYBE HAPPINESS IS not about us, as individuals. Maybe it is not something that arrives into us. Maybe happiness is felt heading out, not in. Maybe happiness is not about what we deserve because we’re worth it. Maybe happiness is not about what we can get. Maybe happiness is about what we already have. Maybe happiness is about what we can give. Maybe happiness is not a butterfly we can catch with a net. Maybe there is no certain way to be happy. Maybe there are only maybes. If (as Emily Dickinson said) ‘Forever –is composed of Nows –’, maybe the nows are made of maybes. Maybe the point of life is to give up certainty and to embrace life’s beautiful uncertainty.

Da Notes on a nervous planet di Matt Haig, tradotto in italiano da E/O Edizioni.… Continua a leggere

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