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#ijf13 /7 Riflessioni sulla Cina

Salto e recupero il panel sui modelli di business del giornalismo digitale online su YouTube, per seguire la conversazione sulla Cina. Gli appunti dagli interventi dei relatori di Te la do io la Cina

Orlandi: la Cina è diventata un grande assemblatore per il mondo. La Cina conviene non perché la manodopera è a basso costo ma perché è bene inserita nella catena produttiva e logistica globale, perché sono bravi a produrre. Il modello non può più dipendere dall’estero, perché con la crisi globale la Cina rischia di essere esposta ai venti della globalizzazione. Per un paese abituato a controllare non va bene. Il governo cinese si sta convertendo a un modello di crescita basato sui consumi interni, stimolato attraverso alcune manovre come l’aumento dei salari, l’estensione del welfare, traendo origine dai 3500 miliardi di dollari delle riserve cinesi oggi in titoli di stato americani.

La Cina non è il più grande mercato del mondo, ma sono il più grande paese del mondo. Gli USA lo sono al momento, seppur in calo. Altro stereotipo sono le centinaia di milioni di nuovi ricchi. Il problema non è quanti siano, ma come raggiungerli. Un altro aspetto più sofisticato è pensare che i cinesi non vedano l’ora di assomigliare a noi: non è così. Studi Nielsen dicono che i cinesi preferiscono consumare cinese e le multinazionali sono state costrette a cambiare i loro prodotti per avere successo nel mercato cinese.

Weifeng Ni: Normale che il tasso di crescita si stia riducendo perché la Cina vuole passare dalla quantità alla qualità. Le previsioni per il 2013 sono di una crescita del 8%. La comunità internazionale resta ottimista sull’andamento dell’economia cinese. Ci sono anche molti rischi sul futuro della Cina, quindi è vero che si può vedere la questione da entrambi i punti di vista. Procter & Gamble ha usato saponi e profumi adatti al mercato legale. La Cina non è un mercato di selvaggi in via di emancipazione. La composizione merceologica dell’import cinese si basa su macchine di produzione, materie prime e una nicchia di mercato costituita dal lusso. L’Italia esporta per metà beni di largo consumo, che in Cina non hanno successo.

La Cina nel mondo della lingua inglese e sui media americani è trattata in modo completo, a differenza forse di quanto avviene in Italia.

Vinciguerra: l’attenzione da parte delle redazioni italiane è verso gli stereotipi e la leggerezza, senza dare il giusto peso al fatto che in Cina c’è la miglior produzione del mondo della manifattura, ma questa è percepita come noiosa.

Gli acquisti su internet in Cina hanno avuto un boom pazzesco. Alibaba è solo uno di questi. L’aspetto dei social network è altrettanto importante. I social network, che hanno centinaia di milioni di iscritti, fanno informazione, facendo emergere notizie censurate su altri canali. Internet è un frullatore che frulla notizie vere e false. Sui social network è difficile intervenire, anche per il Governo. La censura cinese cerca di contrastarlo ma è una operazione che fa acqua da tutte le parti. Dobbiamo selezionare le news dai social network per non far passare bestialità.

De Carayon: Non sono giornalista ma mi occupa di marketing e business. Ho scoperto che nella tv via satellite cinese ci sono programmi con promozione di prodotti al loro interno e ho voluto capirne di più. Il lusso è spesso associato al business in Cina come argomento di massa, ma con l’avvento della classe media si stanno affermando consumi anche di altre tipologie di prodotti. Per questo ho pensato di organizzare la conferenza China Connect per sviluppare queste opportunità. Il mio obiettivo è avvicinare la Cina all’Europa.

D’Emilia: La città più importante della Cina e del mondo è Chongqing. La Cina non imploderà e non esploderà. La Cina ha governato il mondo per molto tempo e tornerà a governarlo in questa generazione. Non c’è la giusta attenzione per la Cina, né nelle redazioni, né negli editori. Ci sono pochissimi giornalisti italiani accreditati in Cina. China Files fa un ottimo lavoro nel fare notizie che non passano perché poco violente, poco scandalistiche. E’ vero che i mass media sono di fatto collassati, ma internet non la ha compensato. Non possiamo fidarci però neanche dei blog, né dei blog cinesi. La Cina è un trionfo di internet e la censura si può bypassare con 10 dollari al mese con un VPN. Chi aggira il grande firewall lo fa al 90% per andare sui siti porno, i siti di scommesse e le banche offshore. A leggere i giornali italiani sempra che tutti si occupano di diritti civili, in realtà non è così. Non è neanche vero che in Cina sia difficile lavorare. A meno di andare davanti a casa dei dissidenti, trovi molto più rispetto che altrove. Dobbiamo chiudere con i canoni della Cina come minaccia. La Cina come il Giappone ha basato la sua economia sull’export, ma non sta facendo gli stessi errori del Giappone. Il Giappone non ha investito i soldi del surplus commerciale in infrastrutture, cosa che la Cina sta facendo. Nei prossimi 20 anni ci saranno 400 milioni che andranno a vivere in metropoli.

Il Governo ogni settimana cambia le parole che vengono bloccate sui social network e allo stesso tempo ci sono gli utenti esperti che usano nuove metafore per bypassare le parole censurate. Ci sono provocatori del governo che inventano hashtag per aizzare discussioni accese e intervenire poi sui facinorosi.

Published in Vivi meglio

One Comment

  1. . Emanuele . . Emanuele .

    “Un altro aspetto più sofisticato è pensare che i cinesi non vedano l’ora di assomigliare a noi: non è così.”

    Non sono del tutto d’accordo. E’ vero che l’identità cinese resiste ancora e che siano molto legati alle loro tradizioni (per cui i prodotti cinesi, per avere successo, hanno bisogno di essere personalizzati), però è anche vero che c’è una sorta di ammirazione verso tutto ciò che è occidentale. Ne parlavo nella mia ultima visita in Cina con la traduttrice ed era proprio lei a raccontarmi tutto ciò. Ad esempio i suoi professori le han sempre ricordato di presentarsi “anche” col nome cinese ma il cinese medio stima molto ciò che è occidentale (e secondo lei per questo la gente finisce con l’imitare i prodotti e la fantasia europea proponendo sul mercato prodotti low-cost fac-simile).

    Se può interessarti: http://www.dreamsworld.it/emanuele/2013-02-03/cose-che-sto-imparando-in-cina/ e poi anche http://www.dreamsworld.it/emanuele/2013-02-07/cose-che-ho-imparato-in-cina-secondo-round/

    Ciao,

    Emanuele

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