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Il Corsera fa un ritratto di un guardiano speciale

Lo dico perché ho conosciuto Fabio personalmente.

Fabio, l’angelo della laguna di Burano «Ho aperto la riserva anche ai disabili»

Ha mollato l’attività di radiotecnico per vivere nella natura: «Eravamo assediati dalle doppiette, ci sono voluti anni ma ora è tutto sicuro»

Gigi Calchetti, sempiterna guardia dell’Oasi di Orbetello, se lo ricorda bene: «Ogni domenica, molti anni fa, veniva da me un ragazzino. Suo nonno, suo padre e il fratello maggiore cacciavano. Lui portava il binocolo e voleva imparare da me a guardare gli uccelli. Voleva fare anche lui il cacciatore, diceva, ma senza sparare alle specie protette». Il ragazzino aveva 13 anni e si chiamava Fabio Cianchi: con il tempo ha cambiato idea. Adesso Fabio racconta che l’altra notte i carabinieri l’hanno svegliato alle 4 per consegnarli un barbagianni ferito: perché nel frattempo lui è diventato la guardia dell’Oasi di Burano e della sua grande laguna. Per la conservazione in Italia quello è un posto importante: la prima Oasi creata dal Wwf, che per proteggere quel pezzo di Toscana vicino a Capalbio comprò i diritti di caccia dell’area. «La zona protetta è di circa 1.000 ettari – spiega Cianchi – 400 di riserva naturale istituita dal governo di Roma con un decreto ministeriale e altri 600 curati dal Wwf d’accordo con la società proprietaria del fondo». Lui abita lì, dentro l’oasi, assieme alla moglie, che per seguirlo ha lasciato il lavoro e adesso lo aiuta a occuparsi di ambiente e animali: «Abbiamo fatto una scelta di vita» racconta.
In realtà la sua scelta Fabio l’ha fatta molti anni fa. Istruito da Gigi gli uccelli aveva imparato a conoscerli ma al momento di prendere la licenza di caccia al fucile aveva preferito la macchina fotografica. «Ormai amavo la natura e ho cominciato a fare il volontario con il Wwf a Orbetello – ricorda -. Questo fino al 1989. Poi a Burano è andata in pensione la guardia dell’Oasi. Io ero radiotecnico, riparavo antenne e tv: mollai tutto e presi il suo posto». E allora, dalle battaglie che tutti i volontari ambientalisti d’Italia conoscono – raccolte di fondi, lotte contro le discariche abusive, campagna antibracconaggio – cominciarono problemi più seri. «Era un momento duro: in Italia parlare di conservazione era ancora una mezza utopia» spiega Fabio. Lui, però, il suo sogno lo ha realizzato. «Per anni ho desiderato che le persone con disagi motori potessero vedere le aree protette – racconta -. Così, appena arrivato a Burano ho creato un sentiero sperimentale pensato per loro. Era il primo tentativo del genere in Italia, realizzato con impatto nullo per l’ambiente: senza cemento, considerando le esigenze degli animali». Esempio: «Per non isolare le popolazioni di lucertole e coleotteri con una pista che tagliasse in due il loro territorio, abbiamo steso sulla sabbia una rete intrecciata su cui le ruote delle carrozzine non scivolano. E’ lo stesso sistema usato durante la guerra per fare atterrare gli aerei nel deserto. Ha funzionato. Poi i disabili ci hanno dato consigli, per attrezzare il sentiero, per come piazzare i canocchiali. E’ stata una grande soddisfazione». Le carrozzine non scivolano, le piante sotto la rete continuano a crescere, gli insetti gironzolano nella sabbia: «Una scelta perfetta».
I momenti difficili, però, non erano ancora finiti. «All’inizio degli anni 90 attorno alla riserva la caccia era libera. A levante e a ponente, lontre e uccelli erano in pericolo. Chiedemmo aiuto al ministero dell’Ambiente, che vietò la caccia. Ma la tensione attorno alla laguna era alta e allora, con l’accordo dei proprietari del terreno, è stato creato un fondo chiuso. Adesso lì dentro non si può entrare a sparare. Un impegno di 6 o 7 anni, una battaglia conclusa quattro anni fa».
Fabio dice che vivendo nell’Oasi si sente in servizio 24 ore al giorno: «Ma non siamo davvero isolati dal resto del mondo. In 10 minuti di macchina si arriva a Orbetello e Capalbio è a poche centinaia di metri. E poi qui l’altra notte c’era la Luna piena, con Marte accanto. E il contorno del lago, i riflessi, la torre saracena lì in fondo…».

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