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#ijf13 /5 Repubblica.it raccontato da Giuseppe Smorto

Giuseppe Smorto racconta l’esperienza di Repubblica.it al Festival del giornalismo. Estratto dalla sua relazione:

Il giornalismo non è in crisi, ciò che cambia è il modo di fruire del giornalismo. Il grande errore fatto 10 anni fa è stato far percepire che il giornalismo online sia gratis. Mandare un inviato in Siria o avere un corrispondente negli USA richiede investimenti e quindi è necessario coprire questi costi. Un altro problema serio è poter criticare i propri inserzionisti.

Il sito di Repubblica.it potrebbe vivere autonomamente con le entrate pubblicitarie, senza chiedere soldi ai lettori. La novità degli ultimi mesi è che con una offerta informativa 24/7 è il dibattito sul far pagare queste informazioni. Il rischio è di avere un giornalismo subalterno agli inserzionisti.

Dal punto di vista dell’offerta quantitativa, il giornale online non ha paragoni con il giornale di carta, che per definizione è limitato e che bisogna andarsi a cercare in edicola. Le nuove forme di giornalismo portano alla ribalta nuove realtà molto competitive. Repubblica nasce nel 1976 senza sport, poi decide di coprirlo dal 1982. Internet all’inizio era percepito come la brutta copia del giornale. Oggi Repubblica.it è considerata l’immagine di Repubblica, quindi deve essere molto coerente con la carta.

Repubblica non è un partito, ma ha una gerarchia nell’attenzione ai fatti del giorno. Il lavoro è cambiato radicalmente. Oggi il sito è diventato la locomotiva del giornale di carta. Il giornale di carta in questa metafora è diventato il vagone di lusso. I contenuti del sito si differenziano sempre più dalla carta. Il sito compre il tempo reale, con un aggiornamento costante. Lo scoop lo teniamo per il giornale di carta. La mettiamo sul sito se rischiamo che questa venga bruciata prima della pubblicazione sulla carta. Sul sito privilegiamo la velocità, anche con qualche errore.

Il sito secondo me (Giuseppe Smorto) non dovrebbe avere gli articoli del giornale di carta, ma se non pubblichiamo l’editoriale di Scalfari la domenica, arrivano email di protesta dei lettori.

L’offerta informativa è una sola. I due mondi, carta e web, si devono parlare. Tutti i giorni combattiamo in mezzo a due mondi: chi dice che la carta è sacra e chi dice che il giornalismo è finito e l’informazione si fa con i blog. Non è facile, ma è uno scenario stimolante.

Su Facebook abbiamo 1,1 milioni di fan e ne siamo molto orgoglioso. Su Twitter abbiamo 800.000 follower. Non abbiamo ancora capito però cosa guadagniamo ad alimentare questi canali. Certamente raggiungiamo nuovi lettori, ma tutto questo quanto incide poi sul giornalismo, sui nostri modi di finanziarci, sulla nostra professionalità. Sono certo che con un tweet posso far conoscere a molte persone un link al quale non sarebbero mai arrivati. Un pubblico sconosciuto fino a poco tempo fa. Il numero totale è immensamente superiore, mail grande nodo è quelo economico.

Può essere fastidioso chiedere soldi, lo capisco, come il caso di Whatsapp. Questo prima o poi sarà necessario. Dietro il nostro lavoro c’è tanta professionalità e tanta fatica. Un’atra tendenza che ci fa cambiare il modo di fare il sito è l’esplosione delle forme della tecnologie. Fare un video costa meno di prima. L’immagine rimane più del testo. Si sta molto alzando l’audience di quelli che vedono i video, si sta stabilizzando quella di chi legge gli articoli testuali. Il giornalista non è più quello di prima.

Ai nuovi giornalisti chiediamo di saper fare tante cose, non solo saper scrivere. La tecnologia è una grande opportunità di fare giornalismo. In tutto il mondo ci sono giornalisti di carta che litigano con chi si occupa dell’online. Non è questione di gerarchie. Per alcune notizie i video rendono più del testo nel raccontare una notizia. Su Repubblica avremo sempre il boa a New York e il gattino, perché arriviamo a un pubblico più vasto e internet è un luogo più ludico rispetto al giornale, perché ti permette di valorizzare piccoli fatti. Non è vero che l’informazione su internet sia una informazione futile, ognuno risponde per se stesso e per la sua testata.

Segue Q&A

Il tempo reale non sarà mai a pagamento. Il paywall di Repubblica sarà verso i contenuti di qualità del giornale di carta.

Repubblica di carta ha 400 giornalisti, repubblica.it ne ha 25. Questo cambierà. si arriverà a un momento in cui tutti lavoreranno per tutto.

Sulla colonna di destra di Repubblica.it, questa sta al sito intero di Repubblica.it come La vita in diretta sta all’offerta complessiva informativa della RAI.

In prospettiva il 100& dei giornalisti dovrà essere multimediale, poi dipende dalle qualità delle persone. Una cosa che non si insegna è la motivazione e la curiosità. Certamente arriveremo al 100%. Dobbiamo fare i conti con una resistenza di alcuni giornalisti della carta. Il massimo di collaborazione per alcuni è dare un contributo al telefono e già è qualcosa.

12% quota di traffico da Facebook e Twitter. Non abbiamo un social media editor, senza nominarlo perché la persona che si occupa del social deve stare seduta di fianco alla eprsona che si occupa delle notizie. Se su quel tavolo arriva una notizia che sta bene per il social, chi se ne occupa deve saperlo. Le notizia sul tema dei diritti si prestano bene ai social percé sono argomenti di discussione. Non è un lavoro che si fa in un’altra stanza.

Published in Media & Social media