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Lo scenario: contenuti online e modelli di business

iabIn occasione di IAB Forum, al quale parteciperò il pomeriggio del 4 Novembre in una tavola rotonda promossa da Banzai e moderata da Gad Lerner, ho risposto ad alcune domande per una pubblicazione di ADV Express che verrà distribuita in questa occasione.
Anticipo qui a seguire domande e risposte.

1.      Nel campo dei media tradizionali i modelli di business sono staticonsolidati per anni e ruotano principalmente intorno a due concetti: contenutia pagamento; contenuti gratuiti finanziati dalla pubblicità. In molti casi(pensiamo per esempio alla stampa) una via di mezzo tra questi due. Poi èarrivata la Rete. Tra contenuti gratuiti, contenuti liberamente distribuibili econtenuti generati dagli utenti ha distrutto i modelli di businesstradizionali. Ora molti editori, compreso un certo Rupert Murdoch, siinterrogano su cosa fare. Quali saranno i modelli di business del futuro? Cometrovare un equilibrio tra i contenuti free che si aspettano gli utenti e lalegittima aspirazione al guadagno degli editori?

La liquidità dei contenuti digitali è ilvero cambiamento. Alzare un muro a pagamento per proteggere questi contenuti èvelleitario, come dimostra il caso della musica e della diffusione degli mp3.Le major hanno capito che la pirateria (e il gratis) si combatte offrendo unservizio valido che offra valore per il quale l’utente è disposto a pagare. Peri contenuti editoriali dovremo gioco forza riposizionarci in uno scenario in cuila notizia d’agenzia è una merce e il valore sta nell’opinione enell’engagement con il lettore. I giornali dovranno essere sempre più unservizio, utile, insostituibile e di qualità. Il recente caso del Fattoquotidiano dimostra che spazio per contenuti, anche digitali, a pagamento c’èeccome.

2.      In America gli operatori della televisione via cavo, da sempre abituatialla doppia entrata economica generata dagli abbonamenti più la pubblicità neiprogrammi, vogliono a tutti i costi evitare di fare la fine dell’industriadella carta stampata e della musica, severamente colpite da Internet. Alcunistanno pensando di creare delle connessioni autenticate a pagamento, altri diinserire spot nei contenuti scaricabili, altri ancora di effettuare deimicropagamenti sui singoli download di contenuti di qualità. Ce la faranno?Quali sono tra queste le strade maggiormente percorribili?

La strada maestra è quella di rendere ilcontenuto disponibile nelle modalità che l’utente preferisce, senza porrebarriere che l’utente in qualche modo scavalcherà. Ci sono milioni di personedisponibili a pagare per vedere ciò che vogliono, quando vogliono, senzalimiti, scaricando il programma dalla rete. Oggi lo fanno gratis, piratando.Domani, quando la qualità del servizio sarà elevata e la facilità d’usosemplificata, molti pagheranno anche solo per non dover stare a cercare file operdere tempo. Alta qualità, streaming elevato, contenuti originali hanno unvalore che l’utente riconosce. Per le tv a pagamento la strada è quella di rendereattivo l’abbonamento anche con lo streaming online. Se pago, voglio potervedere i miei programmi ovunque, anche dal web.

  1. “Quando gli utenti si sono abituati ai contenuti gratuiti, non c’è più modo di farli pagare per gli stessi contenuti” è un adagio che è sempre stato considerato vero, ma pensandoci bene Apple con iTunes ha sfatato questo mito, semplicemente proponendo qualcosa che fosse sufficientemente facile da scaricare e a buon mercato. Un altro esempio: secondo l’Osservatorio Mobile Content del politecnico di Milano il mercato italiano dei contenuti e servizi a pagamento erogati tramite cellulare si attesta a quasi 900 milioni di euro, più o meno equivalenti all’intero comparto della pubblicità via web. Cosa spinge allora i consumatori a pagare volentieri per ricevere contenuti su mobile che invece non vogliono pagare quando si trovano sul web?

Va detto che molti di questi contenuti mobili,come le suonerie, sono un business in via d’estinzione, mano a mano che glistessi utenti passano ad Internet per il download degli stessi file mp3, gratiso a costo più ridotto. Oggi questi sono in larga parte utenti diversi e qui stala spiegazione, a mio avviso. Una gran parte di utenti di contenuti digitalisono e rimarranno, anche nei prossimi anni, soltanto mobili. Una buonaoccasione per monetizzare in altro modo contenuti offerti gratis sul web. È ciòche sta avvenendo con le applicazioni per iPhone, solo per fare un esempio.

4.      Recentemente lo stesso Murdoch e in Italia Carlo de Benedetti hannoipotizzato che gli utenti web dovrebbero pagare in qualche modo l’utilizzo deicontenuti Internet generati dalla stampa. La motivazione che entrambi hannoaddotto è che i navigatori dovrebbero pagare i contenuti perché “di qualità”,realizzati da professionisti, con fonti controllate, e così via. Eppure questoragionamento viene messo in crisi dai contenuti generati dagli utenti, chemolte volte e per diversi motivi sono persino più preparati dei giornalistiprofessionisti. E sono gratis. E com’è ovvio, è economicamente molto difficilecompetere con persone che non fanno le cose per denaro. La sorte della stampa edel giornalismo come lo conosciamo oggi è segnata? Come si riposizioneranno igiornali cartacei, in crisi di copie, di fatturati pubblicitari e perfino dicredibilità?

Dovranno ridurre strutture non piùsostenibili, cominciando a ridurre redazioni e privilegi anacronistici permolti giornalisti professionisti, e a capire che il web è un alleato e non unnemico. Nuovi supporti consentiranno di compensare la perdita dalla carta, comeper i lettori di ebook che leggono anche giornali e riviste. L’aspettocommunity del giornale, con tanti lettori appassionati e fedeli, è un valoreche nessun giornale è riuscito ancora a capitalizzare, eppure il valore sta proprioqui. Ad un lettore fedele puoi vendere anche altri servizi e diventare per luiun punto di accesso, alla rete, al commercio, alle relazioni. Non comprenderlosignificherebbe uccidere la gallina dalle uova d’oro

  1. Inevitabilmente, il tema dei contenuti online innesca il problema della proprietà intellettuale e dell’uso (o dell’abuso) dei contenuti originali pubblicati online. La legislazione su questi punti sembra essere in ritardo, e i vari Paesi del mondo sembrano muoversi in ordine sparso su quello che invece è un tema globale. È possibile trovare un punto di equilibrio tra la diffusione della conoscenza, facilitata dai mezzi digitali che sono in grado di copiare contenuti all’infinito senza perdita di qualità, e i legittimi interessi degli autori o dei detentori dei diritti? Quale potrebbe essere questo punto di equilibrio?

Il punto di equilibrio sta nel servizio al lettore. Ildigitale è un alleato indiscutibile in termini di distribuzione a basso costo,eliminazione di costi fissi importanti come la carta e un veicolo promozionaleincredibile quanto globale. Non necessariamente il business deve venire dallacopia, da quanto replicabile. Il valore sta nella relazione, nella capacità diaprire spazi di discussione esclusivi, nel creare un club unico in cui ilettori entrano nella redazione e hanno un rapporto privilegiato con latestata, nel caso dei giornali. Sfatiamo poi il mito che il digitale fa venderemeno. Paolo Coelho regala le copie digitali dei suoi libri, che non vendonoaffatto meno, anzi. I Radiohead  hannoregalato il loro ultimo album e ne hanno vendute grandi quantità in versionispeciali diffuse online e nei negozi di tutto il mondo. Va sperimentato unnuovo modello, innovando rispetto a tutto quanto ormai è secolo scorso.Resistere significa soltanto ritardare un processo inarrestabile.

6.      Nel tentativo di attirare l’attenzione degli utenti internet molteaziende hanno cominciato a produrre esse stesse dei contenuti: video virali,informazioni utili, web tv, e così via. È quello che si chiama “brandedcontent”. In questo caso il problema del modello di business non si pone,perché è finanziato direttamente dall’azienda a scopo promozionale. Alcuniesperimenti sono degni di nota. È iniziata l’era della marca-editore?

Verissimo! Perché una azienda deve comprareprofusamente spazi pubblicitari, percepiti quindi come tali, rispetto allapossibilità offerta dal digitale di diventare editore dei propri contenuti? Ipiù innovativi l’hanno capito già e gli effetti positivi si misurano suibilanci e nel miglioramento della relazione con i propri clienti. Del resto imedia personali sono da tempo disponibili anche per le aziende, che stannofinalmente cogliendo questa opportunità, giorno dopo giorno.

7.      Dopo quello che s’è detto, ritenete ancora valida l’espressione“Content is King” coniata nei primi anni del web, significando che chi avevadei contenuti eccellenti poteva ricavarne denaro, o vendendoli o circondandolidi pubblicità? Il problema è che forse i contenuti si possono monetizzarefintanto che sono su un supporto fisico, sia esso la carta di un giornale, ildecoder di una TV satellitare o un CD musicale, ma quando arriva Internet erende ininfluente il supporto fisico che accade? È scacco al Re?

Il contenuto continua ad essere re, ora piùche mai. Nell’era della frammentazione dell’audience, chi prevale,nell’attenzione degli utenti, se non il più originale, accattivante,interessante e utile? Il contenuto prende forme diverse e raggiunge canali finoa ieri inimmaginabili. Non necessariamente il suo modello sta nell’esserecompensato direttamente, tutt’altro. Alcuni canali si prestano meglio allapromozione, come i social network, altri ad una monetizzazione più spinta. Ciòche diventa strategico è avere un approccio cross mediale, in cui ogni media siintegra con gli altri e in cui la valorizzazione è data dall’uso sapiente ditutti i mezzi, ognuno per le proprie caratteristiche.

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