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Domande sul giornalismo

Giovani Ruggiero mi ha posto alcune domande per la sua tesi di laurea. Il botta e risposta a seguire.

– Perchè l’editoria italiana e i giornalisti vivono sempre con scetticismo e fatica l’approccio con le nuove tecnologie?

Forse perché le vedono come minacce invece che come opportunità? L’editoria ha dei modelli di business consolidati nel tempo e i nuovi mezzi non garantiscono gli stessi ricavi, ragion per cui vengono abbracciati ma con molta resistenza, quasi a cercare di frenare o ritardare il cambiamento. Per i giornalisti vale lo stesso, sul piano personale. I giornalisti professionisti, per la quasi totalità, hanno acquisito posizioni di privilegio che non si giustificano più oggi (benefit aziendali e non solo). Gli stessi poi, senza generalizzare, non hanno mai avuto familiarità con la tecnologia e la vedono ancora adesso come una fatica in più.

– I blog negli anni si sono imposti come nuove fonti per i giornalisti. Ma possiamo definire un blogger “giornalista”?

No, non possiamo, perché sarebbe come definire come idraulico qualcuno che stura il proprio lavandino nel tempo libero quando ne ha bisogno. Tra i blogger c’è anche chi fa informazione a tutti gli effetti, come un giornalista, ma non tutti i blogger hanno ambizione giornalistica

– I blog hanno portato un miglioramento dell’offerta giornalistica o ne hanno abbassato il livello qualitativo e la credibilità?

I binari si incontrano ma restano separati. Non si possono incolpare i blog se l’offerta giornalistica vira verso il sensazionalismo e le breaking news, verificando solo dopo. I blog, con le critiche e contenuti freschi, aiutano a migliorare l’informazione, ad arricchire i punti di vista. Oggi poi dovremmo inserire anche Twitter e altri strumenti e non considerare solo i blogger in questo ecosistema arricchito di punti di vista

– L’imporsi dei social network, Facebook in testa, ha determinato il ridimensionamento della blogosfera?

Ha ridotto l’uso personale dei blog e lo ridurrà ulteriormente con il varo del nuovo profilo timeline. Questo ha comportato di riflesso una emersione dei blog costanti e di qualità, che continuano a produrre contenuti e ad avere un proprio pubblico, piccolo o grande che sia

– Com’è stato agli inizi e com’è oggi il rapporto tra editoria italiana, giornalisti e social network?

L’inizio è stato certamente conflittuale, oggi non lo è più, per la maggior parte dei casi. I giornalisti più intelligenti hanno capito che non si tratta di scegliere l’uno o gli altri, ma che l’uno può rafforzare gli altri. Basta vedere come Facebook e Twitter vengano citati come fonti primarie, per l’attualità internazionale e non, e come i blog siano sempre più numerosi nell’offerta giornalistica dei quotidiani online. Una simbiosi, come è giusto che sia, pur con qualche frangia estremista da una parte e dall’altra che continuano a combattersi in trincea, ma non gli darei particolare peso.

– Che apporto possono dare i social network alla crescita del giornalismo e cosa invece potrebbe danneggiarne la credibilità?

L’apporto è diventare fonte primaria quando i protagonisti di un fatto lo raccontano in prima persona. La credibilità del giornalismo viene meno quando non rispetta le regole del rispetto del lettore e della professionalità. Non verificare le fonti o carpire informazioni private può danneggiarne la reputazione

– Cos’è il giornalismo partecipativo e come dovrebbe rapportarsi un giornalista a questo fenomeno?

E’ il giornalismo di chi vuole raccontare le storie che gli altri non raccontano o vuole partecipare, nel suo piccolo, a documentare ciò che gli capita intorno, soprattutto sul piano locale. Nell’ottica dell’ecosistema e della simbiosi, il rapporto dovrebbe essere di interesse, curiosità, collaborazione e rispetto, facendo squadra nell’interesse del lettore e del cittadino

– CRISI DEL GIORNALISMO: il g. italiano è in crisi? Da quanto tempo e per quali motivi?

A vedere le copie vendute dei giornali e dei periodici si direbbe di sì. In realtà se andiamo a vedere il consumo complessivo di informazione, tra internet e canali all news, la fame di giornalismo cresce. Il problema sta nel modello di business, che sta cambiando e che avrà ripercussioni sulla qualità del giornalismo. Se la qualità scende, il lettore se ne accorge e cambia fonte. Non sempre è così, ma il fenomeno è destinato a crescere.

– Se la radio non ha ucciso i giornali, se la TV non lo ha fatto con la radio, per quale motivo si teme che internet possa fare lo stesso con tuttii media oggi esistenti? E’ uno scenario realistico?

Ovviamente internet non uccide nessuno, ma ingloba tutti gli altri come mezzo più efficiente di distribuzione. Chi muore è chi non è in grado di evolvere con il cambiare del clima. I dinosauri si sono estinti, ma la vita sulla Terra è tutt’altro che morta, anzi. Una metafora che rende l’idea a mio avviso

– Vicenda FIEG vs Google News: giusta la rivendicazione degli editori italiani o clamoroso autogol?

Conoscere la percentuale di ricavi girati da Google con Adsense era cosa sacrosanta, tanto che Google ha rivelato il dato prima che la causa terminasse. per il resto sono solo chiacchiere. Se i giornali volessero combattere Google, dovrebbe semplicemente non farsi indicizzare e perdere così in un colpo la metà del traffico. Qualcuno è così stupido da credere che questa sia una soluzione?

– Sin dala metà degli anno Novanta sono stati sperimentati dai giornali on line diversi modelli di business tra cui banner e abbonamenti mai davvero decollati, o dimostratisi fallimentari. Quali soluzioni “economiche” fino ad oggi si sono dimostrate efficaci on line? E quali sono le prospettive in questo ambito, soprattutto in Italia?

Un paywall poroso, come quello del New York Times o meno poroso come quello del Financial Times per news più verticali potrebbe essere la soluzione. Certo è che mettere tutto dietro lucchetto a pagamento non è una soluzione. Ciò che ancora pochi hanno valorizzato è la community dei lettori. Un modello forse da Huffington Post in un certo senso. In Italia copieremo, anni dopo, ciò che gli altri hanno testato con successo. Non mi attendo innovazione dagli editori italiani

– Alla luce della “crisi del giornalismo” quali possono essere le vie d’uscita?

Fare sistema con i lettori e gli altri attori dell’informazione, riducendo i costi e privilegiando la qualità. Non vedo altre scorciatoie. In mezzo ci saranno certo fallimenti, licenziamenti e mutamenti dello status quo, ma non si può restare a guardare

– Un fenomeno che potrebbe far uscire il giornalismo dalle sabbie mobili può essere il giornalismo “glocal”? Che futuro ha l’informazione locale con internet?

Ha un futuro florido, ma oggi si scontra con un mercato della pubblicità locale poco digitale e molto frammentato. Ci vorrà ancora del tempo perché esprima il suo massimo potenziale. Esempi come Citynews sono un bell’esperimento per guardare nel futuro

Published in Media & Social media