Skip to content →

Il blog non è morto e Pandemia neanche

Che lo si voglia o meno, il blog come fenomeno è ancora in grado di scatenare tifoserie e accendere gli animi, sia da parte di chi ne ha decretato la morte anni fa e oggi canta vittoria, sia da chi lo considera immortale e immutabile, capace di sopravvivere e sostituire qualsiasi altro strumento di comunicazione e di relazione online venuto dopo.

Mi dispiace, ma non sono allineato né con i primi, né con i secondi.

Considerando il dibattito scatenato dall’ultimo post, mi sento obbligato ad alcune precisazioni e ad alcune ripetizioni, visto che quanto scritto è stato in parte travisato e mal interpretato, ovviamente per mia responsabilità e non di chi legge.

Pandemia non chiude

Non ho scritto da nessuna parte che Pandemia non sarà più aggiornato o che sia mia intenzione chiuderlo o abbandonarlo all’oblio e alle ortiche. Ho registrato quanto già in essere da mesi, ovvero: Pandemia, il blog, è uno degli strumenti di comunicazione, di condivisione, di relazione, di informazione che ritengo utile, piacevole, interessante, divertente, efficace utilizzare. Nell’economia di uso quotidiano di tutto quanto a mia disposizione – insieme a Twitter, Facebook, Slideshare, delicious, Goodreads, FriendFeed, Flickr – Pandemia non è più centrale come lo è stato in passato, soprattutto quando era l’unico strumento a mia disposizione. Nel 2002 tutti i network/media citati sopra non esistevano. Naturale, dal mio punto di vista, considerare lo strumento più efficace per il messaggio da condividere. Pandemia è utile in alcuni casi (diffondere contenuti specifici prodotti e pubblicati su Slideshare, libri recensiti su Goodreads o link segnalati su Twitter) e meno in altri (non ha senso per me fare un post di 140 caratteri con un link invece di usare Twitter per lo stesso scopo). Ognuno interpreta il blog a modo suo e questo è il mio.

Il blog, come fenomeno, non è morto

Tutto quanto scritto nel post precedente non è un commento al fenomeno blog in quanto tale. E’ il punto di vista di un blogger e presentato in quanto tale: un punto di vista strettamente personale, su Pandemia. Da questo si vuol far estendere il tutto ai blog in generale? Libero di farlo, ma non è il mio pensiero. Penso molto chiaramente che il blog non è un fenomeno morto: lo dimostrano la vitalità di piattaforme come Tumblr o WordPress.com che continuano a crescere e macinare numeri su numeri.

Perché contrapporre blog a social network cercando un vincitore?

Posso capire il giornalismo da gossip che anche sulla tecnologia vuole provare a stimolare un po’ di (sterile) polemica per stuzzicare la chiesa dei blogger e la chiesa dei detrattori dei blogger, per metterle una contro l’altra e fare un po’ di pagine viste. Se l’obiettivo è di ragionarci su con onestà intellettuale, contrapporre i due fenomeni è tempo perso. Vuoi più bene alla mamma o al papà? Meglio mangiare la pasta o la carne? Non si può rispondere a queste domande! Il blog ha delle caratteristiche che lo rendono ancora oggi lo strumento vincente e i social network crescono perché soddisfano con successo esigenze puntuali. Entrambi continueranno ad esistere semplicemente perché in un ecosistema convivono elefanti e formiche, pesci e uccelli o batteri.

Una cosa è certa

Pandemia (e il suo autore) non è più né quello del 2002, né quello del 2006. Pandemia del 2011 è un blog che continuerà ad essere aggiornato senza periodicità, ogni qualvolta il sottoscritto riterrà utile usarlo per condividere qualcosa (una opinione, una presentazione, un video, un evento) in maniera più estesa o con più forza. Tutti i giorni o quasi invece segnalerò link su Twitter, commenterò con tono personale fatti su Facebook o aggiornerò le mie letture su Goodreads. Cosa che faccio già da mesi, tra l’altro.

Non ho risposto puntalmente a tutte le osservazioni, ma se c’è una domanda a cui vorresti risposta puntuale, ponila nei commenti e risponderò con molto piacere nei commenti stessi.

In chiusura ringrazio Damiano Zito per la citazione nel suo pezzo sul Fatto Quotidiano, ma confesso di non aver compreso il passaggio che mi riguarda, che riporto a seguire.

Recentissima la riflessione di Luca Conti (noto per il blog Pandemia) che individua dei cambiamenti a lui poco convincenti. “Due cose tra tutte: la voglia di vivere in prima persona invece di documentare e quella di consumare media invece di produrli”.

Poco convincenti? Quella frase riguarda la mia esperienza personale e vale per me. Vuoi che non ne sia convinto?!?

Published in Media & Social media

5 Comments

  1. Ciao Luca,
    mi rendo conto che con quel “poco convincenti” non ho centrato il concetto da te espresso. Non volevo far apparire una tua esperienza personale come additabile a chiunque abbia un blog.
    Nel post sul Fatto volevo semplicemente riportare la tua riflessione, come una delle tante (personali) di altri bloggger che seguo 😉

    A presto

  2. Ciao Luca,
    concordo con te al 100%.

    Io la fase che stai vivendo ora la vivo da un pò e uso il blog quando mi pare. Preferisco Twitter, ma preferisco soprattutto la voglia di vivere in prima persona.

    Ho una evoluzione un pò diversa, per forza di cose, ma devo dire che sottoscrivo sia questo tuo articolo che quello precedente.

    Un saluto 🙂

  3. Ciao Luca, è perfettamente comprensibile la tua posizione. E penso che anche il “piacere”, cioè quello che tu chiami “fattore entertainment”, sia un aspetto non di poco conto.

    Negli ultimi 5 anni il nostro mondo è cambiato radicalmente. E questo trovo sia vero tanto per chi scrive, quanto per chi legge. Io ad esempio mi ritrovo ad avere molte più fonti, molte più informazioni interessanti e molti più modi per accedere a contenuti. Tuttavia il mio tempo è sempre meno.

    I blog non sono morti, ma il loro ruolo non è sicuramente più quello di 5 anni fa. Potremmo dire che siamo in un momento di transizione, anche se nella realtà lo “stato di transizione” è una costante in molti ambiti della Rete.

    a presto,
    Maurizio

Comments are closed.