Fa figo prendere un aperitivo e chiedere di fare a meno della cannuccia di plastica, ma non basta, Si può e si deve fare di più. La foto di cui sopra è tratta dal libro Plastic soup.
Plastic dominates our lives. Plastics are synthetic materials derived from petrochemicals. They can be found in all shapes and sizes, ranging from soft and thin to rock-hard and thick. Plastics have become enormously popular over the last seventy years, thanks to their particular properties and extremely low production costs.
We reap the benefits of those features every day. But those same properties turn out to be disastrous for ecosystems. Plastics do not dissolve in water and do not decay. All the plastic that has ever ended up in the environment is still present in some form or other. What plastic does do in the environment, though, is break down into smaller and smaller fragments. These include microplastics, which are mostly so small that they are no longer visible to the naked eye and can easily get into food chains.
United Nations Environment believes plastic litter and microplastics to be one of the biggest environmental problems that the world is facing. The problem has acquired a name, too: plastic soup.
Complice la curiosità verso alcuni nuovi libri sul tema, ho cominciato a fare caso ai contenitori di plastica che uso abitualmente e di cui potrei fare a meno. Il problema sono la comodità e la grande distribuzione, che vanno di pari passo. Comodità è usare il sapone liquido invece della saponetta. Poi ci si può interrogare perché c’è chi vende la pasta in scatole di carte e chi la vende avvolta nella plastica. Domanda retorica: costa meno, immagino. Dire però, come fanno ora le catene più illuminate, che stanno adottando meno plastica nelle loro confezioni, è un po’ lavarsi la coscienza. L’obiettivo dovrebbe essere da subito di sotituire la plastica con vetro o carta, 100% riciclabili. Chi ha questa politica tra le grandi catene in Italia? Nessuno, per quanto mi risulta.
Comodità è comprare la frutta e la verdura in contenitori di plastica. Basterebbe prendere l’abitudine di andare dal fruttivendolo e dal panetterie o al mercato locale.
Un primo passo è non comprare ciò di cui si può fare a meno e il secondo è comprare soluzioni che adottano meno plastica (ricarica, invece della bottiglietta del sapone o bottiglia grande invece di bottigliette piccole). Il passo successivo è sostituire i prodotti indispensabili facendo a meno di contenitori di plastica o con il fai da te. Un po’ come il decluttering, che procede per iterazioni, anche la riduzione del consumo di plastica si presta a iterazioni per ridurre e ridurre.
Il mio nuovo obiettivo passa da riciclaggio e riduzione a zero waste, ovvero zero rifiuti. Non dall’oggi al domani, ma andando a intervenire su singoli prodotti. Interrogandomi, uno per uno, se ne ho bisogno, prima di tutto, e che soluzioni alternative posso adottare per ridurre il volume di rifiuti, poi da riciclare.
Il diagramma sopra è tratto da 101 way to go zero waste. Tutti noi abbiamo margini di miglioramento. Si tratta di prendere coscienza del problema, dedicare un po’ di tempo per capire come cambiare consumi. La cannuccia è un primo passo, ma ce ne sono molti altri.
Io trovo così comoda la classica saponetta. Da un punto di vista economico poi, il risparmio è imbattibile: dura moooolto di più.
Per il resto, tanto per dirne una, sono un paio d’anni che proviamo a farci regali “senza carta da scartare”: capisco l’effetto sorpresa (puoi però realizzarlo in maniera diversa) ma quella montagna di carta è un inutile spreco.
Riguardo alle verdure, anch’io sarei ben felice di (ri)vedere delle catene di alimentari che smettono di impacchettare con plastica qualsiasi verdura… anche un piccolissimo mazzolino di basilico.
Ciao,
Emanuele