Da grande fan e utilizzatore di Twitter, sono arrivato a smettere completamente di usarlo, se non per pubblicare in automatico i link a questo blog, senza per questo partecipare alle conversazioni generate, se non in maniera sporadica. Il tutto è successo ormai 3 anni fa circa? Non ricordo neanche quando, a dire il vero.
Ho smesso di usare Twitter perché, come per il resto del social web, mi sono reso conto che la mia attenzione veniva risucchiata al punto da non permettermi di concentrarmi su attività più importanti per me. L’attenzione è preziosa, come il tempo. Se sei distratto, non recuperi l’attenzione in un attimo. Se hai bisogno della dopamina generata dalle interazioni frutto dei tuoi contenuti, è inevitabile che ti metterai a pubblicare contenuti in ogni momento della giornata e in ogni occasione, pur di avere il thrill di qualcuno che risponda a ciò che scrivi. Così è andata per anni e posso dirlo a ragion veduta: ci sono stato dentro fino al collo per anni. Dal tweet in occasione del terremoto, più di una volta, all’interazione con un ministro della Repubblica, ai tanti eventi seguiti in diretta su Twitter. Letteralmente dalla mattina alla sera: a che prezzo?
In occasioni simili – vale per qualsiasi cosa per cui a un certo punto percepisco di aver perso il controllo – è una sfida con me stesso ridurre quel qualcosa, per un periodo di tempo limitato, per dimostrarmi che non sono dipendente, o per sempre. Non ho mai fatto uso di sostanze stupefacenti quindi il qualcosa è da intendere come un comportamento compulsivo, deleterio nel tempo, non necessariamente nell’immediato. Twitter è entrato in questa categoria, nel momento in cui mi sono reso conto che l’attenzione che gli dedicavo non era più appagante: riducendo la partecipazione, l’algoritmo ha ridotto la visibilità dei miei contenuti e la spirale negativa si è innescata. In un certo senso tutto ciò ha favorito il distacco.
Da allora ho sviluppato l’opinione, neanche troppo originale e nuova, che Twitter sia sopravvalutato nel suo impatto. Una camera dell’eco, in cui giornalisti, celebrity, personaggi più o meno famosi, insieme ai loro fan, pubblicano, conversano, ribattono, senza che ciò sia veramente rilevante per il mondo fuori da Twitter. Mi rincuora, anche se non ne avevo bisogno, leggere che il Financial Times scrive la stessa cosa:
Per lo stesso motivo il dibattito su Twitter come piazza pubblica dove dovrebbe essere garantito il diritto alla libera espressione è fuorviante. Il fatto che Elon Musk compri Twitter per questo motivo non è sorprendente. Se ti convinci che Twitter è veramente il terreno delle idee, va da sé che vuoi assicurarti di non venirne escluso. La vicenda poi è rilevante per la politica americana ma meno per il resto del mondo. La Cina ha già il suo Twitter, sotto il controllo del partito. In altri paesi Twitter non ha mai attecchito, al di là delle élite politiche/economiche. L’audience di Twitter è una frazione di Facebook/Instagram, ragion per cui i nostri opinion leader se ne sono già in gran parte andati altrove.
Leggo con distacco l’evolversi dell’acquisizione di Twitter, perché alla fine della fiera, algoritmo aperto o chiuso, prateria dove il razzismo è libero o vietato, società privata o pubblica, l’impatto sulla mia vita è pressoché nullo. Per Twitter, come per altre notizie, dedichiamo tanta attenzione a qualcosa di assolutamente inutile – a meno che non hai un interesse finanziario, nel qual caso è diverso – ignorando questioni ben più importanti, di carattere locale, nazionale, ambientale, su cui non c’è lo stesso attaccamento. Essere un utente di Twitter, per molti, significano poter dire la propria su Twitter e tutto ciò che gli gira intorno, anche senza competenza alcuna. Discutere di evoluzione del cambiamento climatico, dell’influenza della Cina in Africa, della supply chain rivoluzionata dalla pandemia e dalle sanzioni economiche come arma di pressione, dei diritti umani violati da paesi con cui abbiamo relazioni commerciali importanti, della politica della difesa è molto più difficile e noioso, non avendo le competenze.
Una volta che sei fuori dalla camera dell’eco cambia tutto. Per venirne fuori serve riconoscere che la camera dell’eco è divertente, spesso, ma ha un prezzo elevato. Può essere utile per non pensare a ciò che conta di più, a mettere in discussione come spendiamo il nostro tempo. Per qualcuno è meno tossico di sostanze stupefacenti, alcolici o shopping compulsivo. Resta il fatto che è un surrogato di un’altra vita. Sì, Twitter si può usare con moderazione, vero. Quanti veramente lo usano così?
Perché pubblicare i link se l’effetto è solo alimentare Twitter come fonte di informazione? Io ho smesso da qualche anno (ma rilancio i miei toot in arrivo da Mastodon, per cui commetto il tuo stesso “peccato”). Al contempo da tempo mi domando se non abbandonare completamente la piattaforma: sfrutta dinamiche tossiche, la timeline è sempre più algoritmica. A che pro fare il loro gioco? Il ritorno è praticamente nullo: ho mantenuto l’abitudine semplicemente per fare informazione sul tema privacy verso un’utenza che (ovviamente direi) non è informato sull’argomento.
Ciao,
Emanuele
ho chi li legge e me lo chiede