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5 cose che ho imparato lavorando in una azienda in rete (Simplicissimus)

Un anno di esperienza in Simplicissimus Book Farm mi ha definitivamente aperto gli occhi su alcune tendenze relative al mondo del lavoro, già in corso da tempo su scala globale, ma ancora poco diffuse in Italia purtroppo. Non so se sia una questione di abitudine, di mancata delega, di ignoranza o di voglia di controllo. Sta di fatto che il lavoro del futuro è già presente, almeno da 5 cose che ho imparato lavorando con Simplicissimus.

La posta elettronica non è la tua vita (professionale)

Se passi la tua giornata dentro la posta elettronica, c’è qualcosa che non va nella tua organizzazione del lavoro. Pur lavorando in remoto, sono riuscito a ridurre considerevolmente l’uso (e la perdita di tempo) della posta elettronica, ai minimi storici. Come ho fatto? Riducendo a zero le notifiche e sfruttando al massimo gli strumenti collaborativi messi a disposizione dall’azienda. Uno tra tutti Basecamp, piattaforma per la gestione condivisa di progetti che può essere seguita senza alcuna email. Per il tempo reale abbiamo adottato Yammer, altro strumento che non necessità di notifiche via email, ma può essere seguito via web o meglio ancora da app.

Il risultato finale è una maggiore produttività, meno distrazioni e l’uso dell’email solo per le questione che la richiedono. Meno stress, migliori risultati.

Il telelavoro è possibile

Nell’anno passato con Simplicissimus sono stato nell’ufficio di Loreto una media di due volte al mese e forse meno. Non solo ho lavorato da casa nel resto del tempo, ma ho lavorato da: Brasile, Messico, Serbia, Bulgaria, Romania, Macedonia, Bosnia Erzegovina e altri paesi o città italiane. La presenza fisica è utile e, a volte, indispensabile per discutere faccia a faccia questioni strategiche o per unire il lavoro alla socialità, per rafforzare i contatti da proseguire nel tempo, col lavoro a distanza.

Certamente non voglio sostenere che tutti i lavori possano essere svolti in remoto per cinque giorni a settimana, ma sono certo come questo strumento sia fortemente sottosviluppato, a danno della produttività, della salute del lavoratore, dei costi dell’azienda e dell’esternalità scaricate sull’ambiente. Gli strumenti per lavorare al 100% in remoto oggi esistono, sono economici, affidabili e funzionano.

Provata questa esperienza, è difficile tornare indietro. Se domani dovessi ricevere una offerta di lavoro che mi imponesse di star legato a una scrivania, sarei portato a declinarla con sicurezza.

Google sta al lavoro come Facebook sta agli amici

Google viene associato al dominio nella ricerca, alla tv via internet (YouTube) e al mondo mobile con Android. Sottovalutato è l’impatto che sta avendo nel mondo dell’impresa con Google Apps. In Simplicissimus si fa larghissimo uso di queste app, con Gmail, Google Drive e figli (Documenti, Fogli), Google Hangout, Google Calendar. In cambio di poche decine di euro l’anno, Google fornisce un insieme di servizi collaborativi sufficienti per adempiere con efficienza a tutte le principali attività di un lavoratore della conoscenza, senza aver bisogno di altro.

L’unico tassello importante che manca all’appello è un sistema di gestione dei rapporti con i clienti, ovvero un CRM che consenta di chiudere il cerchio. Mi meraviglio che Google non abbia ancora messo gli occhi su una società del settore.

Il telefono non serve più: viva la videocomunicazione

Da fine settembre 2013 sono stato dotato di una SIM card e di un iPhone, per poter lavorare ed essere connesso in mobilità, anche in Europa. Non ho modo di verificare il traffico sviluppato, ma sono certo di aver fatto una quantità di chiamate inferiori a 5 la settimana, con un numero di SMS inviati certamente più basso. Tutto il resto è traffico dati. Non c’è da meravigliarsi se tutti i piani telefonici comprendano un gran numero di minuti voce e di SMS, visto che la realtà dei fatti è che se ne usano sempre meno, anche in ambito professionale.

Lo strumento che ha sostituito la telefonia tradizionale, anche in mobilità, è la videocomunicazione (o solo audio) con Google Hangout o Skype. Tali software sono così diffusi, da poter essere usati non solo dentro l’azienda, ma con collaboratori esterni o clienti.

Uno smartphone è (spesso) tutto ciò che ti serve

In condizioni di banda limitata, in cui lavorare al pc era lento e doloroso, uno smartphone è stato sufficiente a soddisfare a gran parte delle azioni lavorative necessarie, tra controllo dell’email e Basecamp, messaggi e audio su Google Hangout, informazione professionale e Yammer, oltre al controllo e alla modifica di documenti collaborativi caricati su Google Drive.

L’unica funzione che non ho potuto delegare allo smartphone e né al tablet è la scrittura di testi medio lunghi. Per questo una tastiera fisica è fondamentale, almeno per me. Paradossalmente, in diversi viaggi chi è rimasto a casa è stato proprio il tablet, inutile in una configurazione ottimale con smartphone e ultrabook (computer leggere e portatile).

Published in Vivi meglio Web & Tech

4 Comments

  1. fortunato calarco fortunato calarco

    Utilissime riflessioni, ma scusa la curiosità: visto l’inusuale numero di refusi, con cosa hai scritto il testo, smartphone, tablet o tastiera? Saluti e complimenti.

  2. lucaconti lucaconti

    La risposta è tastiera 🙂 Al prossimo commento!

  3. intranetlife intranetlife

    Ciao Luca, la mail ci ha “sformato” al punto che ci si manda mail anche stando nella stessa stanza! Gode del vantaggio di essere come il supermercato: entri e trovi tutto quello che ti serve, tranne gli SMS e le telefonate perse… a meno che con IFTTT o Zapier…:)
    A presto!

  4. gian paolo accardo gian paolo accardo

    Grazie per aver condiviso la tua esperienza. Due parole sulla mia, se possono interessare. Tra il 2009 e il 2013 sono stato condirettore di Presseurop.eu, sito di attualità europea in dieci lingue. La sede era a Parigi e oltre metà della redazione era basata all’estero. Fondamentale quindi disporre di strumenti che consentissero a tutti— presenti e remoti — di essere sullo stesso piano. All’inizio ce la cavavamo con Dropbox per i documenti e Skype per la comunicazione. Poi siamo passati alla suite Google docs — comprese applicazioni “collaterali”, come Hangouts, che usiamo tuttora per il successore di Presseurop.eu, VoxEurop.eu.

    Su quest’ultimo progetto, che dirigo, tutto è in remoto. I vantaggi li hai elencati tu nel tuo post. Aggiungerei l’assenza dei costi rappresentati dal locale e annessi.

    Tra gli inconvenienti di Google Docs metterei la non perfetta gestione dell’offline e la non ancora a punto interfaccia per iOS. Anche se è notevolmente migliorata di recente, l’edizione dei testi rimane però non ottimale, specie senza tastiera. Comunque una volta adottato il cloudworking è davvero difficile tornare indietro.

    Non avevo pensato a Basecamp, che scopro, e sembra molto interessante.

    Tra gli inconvenienti invece del 100 per cento remoto metterei la scarsità dei rapporti interpersonali dal vivo, che la relativa freddezza dei messenger non colma, in particolare quando hai a che fare con gente di lingue e culture diverse, perché possono sorgere malintesi lunghi da risolvere su questo tipo di supporto.

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